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venerdì 21 marzo 2014

Heràcle o Ercole nella Riviera dei Fiori

Antica rappresentazione di Heràcle
mentre uccide il leone nemeo con
le sole mani.
Da https://www.cumpagniadiventemigliusi.it/index.php/strade-locali/364-strada-heraclea
Viabilità preromana nel Ponente ligure:
la via Eraclea,
una serie di toponimi rivelatori di quel famoso tracciato
dall’Alpe Summa (l'attuale La Turbie, nel Principato di Monaco)
al Monte Bignone, nel comprensorio di Sanremo,
a nord-nordovest della città, nel centro della Riviera dei Fiori.

Antonio Pollaiolo:
Ercole uccide Idra.
Il tracciato - La prima citazione sull’esistenza di un tracciato viario, che avesse percorso la costa del Mar Ligure, attraversando il territorio intemelio, è dello storico e viaggiatore greco Posidonio, vivente fino all'anno 50 e.V., nell’isola di Rodi. Questi segnalò la presenza, fin dal secondo secolo prima di Cristo, di una strada tra Piacenza e Marsiglia, che valicava l’Alpis Summa, l’odierna Turbia, conosciuta col nome di Via Heraclea o Herculea, giacché si voleva tracciata dall’eroe greco nel corso del suo ritorno dalla decima fatica, quando andò a rapire la mandria di buoi a Gerione, nell’isola di Erizia, sulle sponde dell’Atlantico. La via Heraclea o Herculea conduceva dall’Italia fino ai Celtoliguri, alla Celtica ed agli Iberi.
Ercole, statua
romana nel museo
del Louvre, a Parigi.
Se qualche Greco o indigeno vi passava, era sorvegliato dalle popolazioni vicine, in modo che non subisse alcun torto: infatti, questi popoli, pagavano un’ammenda per le persone a cui era recato danno.
Rappresentazione della costellazione
di Ercole, da https://www.astrono
Come riporta Apollonio Rodio, anche Giasone con gli Argonauti vagava, dalle foci del Rodano, verso levante e solo con l’aiuto di Era, sarebbe riuscito a passare incolume nel bel mezzo dei mille popoli Celti e Liguri, fino all’Etruria. "… come vengono cantate fedelmente le grandissime insegne della nave Argo, oltre questo mare, presso la terra Ausonia e le isole Liguri, che sono chiamate Stecadi ? " e "… e le isole Liguri: presso l’ltalia vi sono tre isole, abitate da Liguri, dette anche Stoichades, o Stecadi, per la loro disposizione in fila.", le Isole d’Hyeres. Nei pressi di Marsiglia, la strada percorsa da Ercole, sarebbe transitata per la regione de La Crau, dove avvenne la battaglia dei Campi Lapidarii, combattuta dall'eroe contro i Liguri, guidati dai giganti Albione e Dercino; quando Zeus fece piovere sassi in soccorso del suo pupillo in difficoltà.

L'Intemelia, la cui capitale era Ventimiglia, andava da La Turbia
(attuale La Turbie, nel Principato di Monaco) al torrente Impero, ad Imperia.

La Liguria in età augustea, IX
regio dell'impero romano.
Dopo quell’avventura, l’eroe avrebbe trovato sollievo a Monaco, che da lui prende nome, giacché, dai massalioti, nell’antichità veniva chiamata Portus Hercules Monœaci, per il fatto che vi si celebrava l’ermafroditismo insito in quel mitico personaggio. Non si sono mai trovati riscontri del tempio che si dice lo celebrasse, avendolo cercato sulla Rocca, sulla Turbia e persino su mont'Agel, tutti luoghi dall'intenso fascino paesaggistico, ma soprattutto segnati da evidenti forze geomagnetiche, intese da sempre, che rendono il sito un territorio d’eccezione, dal punto di vista esoterico, fino ad eleggerlo a sito della celebrazione di Ottaviano Augusto, imperatore. In Egitto per tutto l’inverno del 30 e la primavera del 29 p.e.V., risolto l’assetto dell’Oriente, Ottaviano fece ritorno a Roma il 13, 14 e 15 agosto di quell'anno, per celebrare tre magnifici trionfi delle vittorie riportate in Dalmazia, ad Azio ed in Egitto. Attuò donativi ai veterani ed ai poveri adoperando i tesori di Cleopatra; indi, alla fine dei tre giorni di feste, consacrò il tempio dedicato a Cesare. Come aveva già fatto Pompeo Magno, anche Augusto, in quell'occasione, aveva fatto coincidere il suo triplice trionfo con le feste celebrate a Roma in onore di Eracle, il 12 agosto in onore di Heracles Invictus ed il giorno successivo in onore di Heracles Victor, l'Eracle vincitore.
Gigante con bambino
in spalla sul fiume
Woernitz a Oettingen
nel Bayern.
Tiziano Vecellio:
San Cristoforo.
Dalla Turbia, Heracle avrebbe seguito i crinali che scavalcano il Monte Grammondo o la Longoira per calarsi verso il guado nella Roia in relazione ai crinali che si dipartono dalla Collasgarba, sito abitato fin dalla remota antichità. Una sosta sulla collina delle Mauře, che avrebbe potuto dar valore semantico al sito oggi “San Giacomo”, nel senso di Colla Heraclea e relativo tempietto dedicato ad Heracle, per quell'occasione: un faunum  in pietra, che sarebbe sorto in rilevante ottica con Monaco e la Turbia.
Ancora nel 1498, la chiesetta a cavaliere della colla Mauře era aperta al culto di San Cristoforo, che dava il nome alla medesima, intera collina. Con l’avvento del cristianesimo, San Cristoforo aveva assunto i caratteri formali di Heracle, come lui gigantesco e come lui ritratto mentre porta sulle spalle un fanciulletto divino. È infatti assai nota la statua greca, scolpita da Fidia, dove Hercole trasporta Heros in spalla, oltre il fiume, dalla quale nasce l'agiografia di San Cristoforo.
Altro sito in ottica con San Giacomo e la Turbia, proseguimento ideale della via Heraclea, è Seborga, per andare avanti sui crinali del Caggio, verso il Ceppo e le dorsali dell’Argentina, onde scansare l’impenetrabile Lucus Bormanus, la foresta costiera che da Montenero sarebbe stata estesa fino a Diano Marina, dove se ne conserva il ricordo toponimico.
L'antica Liguria con i nomi dell'epoca romana,
fra cui Luco Bormani o Boramni.
Nomi dei siti della
Liguria in età romana
e le etnie dei loro
abitanti.
I percorsi trasversali alle evidenze vallive, lungo la costa del mare, non venivano quasi mai disposti per attraversare i corsi d'acqua presso la foce, perché è risaputo come i guadi migliori si rintraccino nei punti mediani del corso finale, ma soprattutto per non dar spazio ad eventuali assalti pirateschi, sempre in agguato in luoghi di attraversamento forzato.
Lo confermerebbero la Tavola Peutingeriana e l’Itinerario Antonino che pongono sulla costa: Vado, “Pullopice”, Albenga, “Luco Bormani” e poi Ventimiglia, prima di “Lumone” ed “Alpe Summa”.

Statua di Ercole Farnese - Napoli,
museo archeologico. Scultura
ellenistica in marmo alta 317 cm., di
Glycon Ateniese databile al III secolo
risulta essere una copia dell'originale
bronzea creata da Lisippo nel IV sec.
a.C.. Rinvenuta alle terme di Caracalla
a Roma intorno al 1546, era entrata a
far parte della collezione del cardinale
Alessandro Farnese, nella sala d'Ercole
del palazzo Farnese di Roma. Nel 1787,
grazie all'eredità ottenuta da Carlo di
Borbone, figlio di Elisabetta Farnese,
l'intera collezione Farnese fu trasferita
a Napoli, prima nella reggia di
Capodimonte, edificata a tal scopo,
e successivamente, nel Palazzo del
del Real Museo.
San Romano, un indicatore - Il percorso della Strada Heraclea sul suolo intemelio potrebbe essere stato tramandato dalla presenza, in zona, di altari dedicati a San Romano, disposti lungo una impressionante sequenza territoriale. San Lorenzo è celebrato sul territorio presso il Var e sulle alture ad Ovest di Ventimiglia. Oltre la zona presa in esame, che San Lorenzo sia diffuso in ogni dove, ossia, non definendo una traccia ben precisa e lineare, non è cosa ragguardevole; come invece risulta notevole la sequenza, piuttosto allineata, che accompagna i San Romano lungo l’Appennino Ligure, ma specialmente su quello Toscano, fino a Porto Ercole, eppoi giù, giù, fino alla Calabria, dove il mito di Ercole pare abbia lasciato i territori italici per imbarcare la mandria di Gerione verso la Grecia, capolinea di quella fatica, come di tante altre. Il dies natalis di Romano è tradizionalmente il 9 agosto, la vigilia della festa dedicata a San Lorenzo, con l’agiografia del quale divide il martirio. In considerazione che il giorno 12 agosto la Chiesa commemora san Ercole, valutando che l’epopea dell’omonimo eroe greco è stata assai propagata, nell’antichità degli Intemelii, il titolo di “Romano” potrebbe anche essere riferito a questo arcaico mito, anche per il significato che il termine “romano” assume nel senso di uomo smisurato, così come lo era Eracle, l'Ercole latino. In molti gerghi celtici, Romàn ha il significato di smisurato, mentre il derivato: Romedàri indica omaccione, uomo d’alta statura: da ro-molto e mevd-grandezza. Anche dromedario, ad indicare il grosso animale orientale, rientra in questa sequenza.  
San Romolo con spada
nella concattedrale di San
Siro, a Sanremo. C'è chi
pensa che si tratti invece
di San Donato.
Nella parlata costiera intemelia il nome di San Romano è Romàn, che nei dialetti della Val Nervia viene pronunciato Rumàn e in quelli delle valli tra il Nervia e l’Argentina diviene Römàn. Si deve anche considerare che il patrono sanremese, San Romolo, localmente è detto Römu, che, nel tempo, è diventato Remu, andando a definire la città protetta: San Remo.
Sia Röman che Römu possono considerarsi sovrapposizioni ad una divinità latina importata e sovrapposta all’elemento costitutivo locale, che potrebbe esser stato il riconosciuto Bormano, divinità della selva che ricopriva tutto il Ponente ligure. Nel  panteon celto-ligure, precedente l'arrivo dei Massalioti, il nome della divinità in causa potrebbe essere stato prossimo a Rom, Brön, o Crow, che sono prefissi di deità galliche riconosciute. Con un nome simile nella mitologia celto-gallica viene definito un gigante il cui nome significa “corvo”, era il dio delle battaglie, del valore e dei bardi; segnatamente: Brön > Brannos > Brennio > Brenno, che in gallese è Bròn, localmente sarebbe stato Borman, legato all’acqua ed al bosco. Crow in inglese si pronuncia crou e nei dialetti intemeli il corvo e detto proprio cròu. Significativamente il termine Römu è conducibile al nome col quale gli arabi indicavano i cristiani delle coste provenzali, fin dal VII secolo; vocabolo che è presente nel francese attuale con la pronuncia rùmu e la grafia roumu.
San Romano, diacono di
San Lorenzo, dal santuario
mariano di San Miniato (PI).
San Romano è un martire cristiano: legionario, incaricato di assistere al supplizio di San Lorenzo, si rifiutò di eseguire dichiarandosi cristiano. Fu sottoposto a flagellazione e poi decapitato a Roma nell'anno 258 dell’Era Volgare. Si invoca contro il pericolo di possessione demoniaca. Il dies natalis è tradizionalmente il 9 agosto, la vigilia della festa dedicata a San Lorenzo. San Romano vanta tradizionalmente un certo culto sul nostro territorio, a cominciare dalla vicina Nizza, dove gli è dedicata una chiesetta collinare legata al territorio circostante, ma fino ai primi anni del Novecento gli era attribuita una chiesa, nel centro storico, oggi dedicata a san Gaetano Thiene, ma popolarmente ancora conosciuta col suo nome. Ben quattro siti, nella parte bassa della Zona Intemelia, conservano chiese dedicate a questo soldato; in altri tre luoghi vi sono intitolati altari secondari, ma in ogni caso importanti:
- Altare nella cattedrale di Monaco Principato, del quale è patrono assieme a Santa Devota.
- Borgo con chiesa al confine Est del Principato di Monaco; prospiciente la Baia di Roccabruna.
- Chiesa romanica nella valle del Carei, a Sud-Ovest di Castellaro, nell’entroterra di Mentone.
- Un altare nella parrocchiale di Torri.
- L’altare originale, nella barma del santuario alla Madonna delle Virtù, in Siestro.
- Chiesa campestre sul crinale soprastante Bigauda, nella collina a Sud-Ovest di Camporosso.
- Chiesa campestre sotto i Ruchin, oggi conosciuta come San Gregorio; sul crinale che da Dolceacqua conduce a Perinaldo, o riporta a Soldano, in Val Verbone.

Papa San Gregorio Magno.
Cambiamenti agiografici - Come Romano, inteso quale “uomo smisurato”, sia Eracle che Cristoforo, miti relativi a uomini di alta statura, sono stati molto attivi nell'antichità della Zona Intemelia. San Cristoforo, protettore dei viandanti, era ancora molto attivo nel XV secolo; gli era dedicata la collina delle Mauře, a tutto il 1498. L’agiografia più antica vuole Romano legionario, quindi armato di gladio e vestito della lorica, con la palma del martirio in mano; ma nel tempo, gli agiografi hanno voluto San Romano nella veste dalmatica di sacrestano nella basilica di papa Sisto e del diacono Lorenzo.
Statua di Ercole in bronzo dorato
del II secolo a.C., alto 241 cm.
proveniente dal Foro
Boario di Roma.
Gli attributi novecenteschi dei dipinti, presenti sugli altari delle nostre cappelle, lo vedono indossare sovente i panni del diacono e persino del vescovo, confondendosi volentieri con San Gregorio, che guarda caso riporta anch'egli l’attributo di "magno", riferito alla sua grandezza morale e culturale, ma non solo. Nella versione di soldato, il Principato di Monaco lo ha eletto a santo Patrono, abbinato a Santa Devota, forse per sostituire il patronato che il divo Ercole concedeva a questo luogo così evidentemente esoterico. È soldato anche a Mentone e in Siestro, ma lo vediamo chierico, in dalmatica, a Camporosso. In Dolceacqua, dove si è fatto in modo di sostituire Romano con Gregorio; le mamme dei primi anni del Novecento cantavano la ninna-nanna: “San Gregò e San Ruman fe’ adormì ‘stu belu magnan - San Roman e San Gregò fe’ adormì ‘stu belu figliò”, fissando la trasformazione in atto nella dedicazione della chiesetta ai Ruchin.
Il segnalino rosso indica l'ubicazione
di La Turbie, nel Principato di
Monaco, mentre quello giallo, con
"A", segnala il Monte Bignone,
in cui, a mezza costa, si trova la
frazione di San Romolo, dove si
trova ancora la barma
del santo.   
Se poi, diamo per buona la trasformazione di Romano nel Römu  che è diventato il vescovo protettore della città di San Remo, il tracciato Herculeo si definisce sempre più evidente, all'altitudine della “barma” che, si dice, abbia ospitato il santo, sulle falde di Monte Bignone.
Tempio di Ercole vincitore a Tivoli.
Pare che la barma sanremese fosse conosciuta come römu  già prima che ospitasse quel vescovo eremita, forse anche per definirne il romitorio che avrebbe rappresentato per il territorio Matuziano (Sanremasco). I Romani identificarono Eracle con Ercole, una divinità benefica a cui furono dedicati molti templi, che proteggeva gli agricoltori e i lavori dei campi. I Romani facevano risalire la presenza di Ercole in Italia ai tempi di Evandro, quando l’eroe, reduce dalla decima fatica e dalla cattura dei buoi di Gerione, incontrò sul Palatino il re dei Latini.


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