Pagine

giovedì 15 settembre 2016

La vita nel Mare Ligure e nelle acque della Riviera dei Fiori

Il Mar Ligure si trova al centro del Santuario Internazionale
dei Cetacei, che è delimitato da Tolone, Capo Falcone, Capo
Ferro e Fosso Chiarone. Sanremo si trova al centro della
Riviera dei Fiori.
Il Santuario Internazionale dei Cetacei, chiamato "Pelagos" dai francesi, è il bacino marino provenzale-corso-ligure-toscano comprendente il Mar Ligure, riconosciuto come l'area faunisticamente più ricca e a più alta concentrazione di balene e cetacei di tutto il Mar Mediterraneo e il principale sito di alimentazione della balenottera comune fra lo stretto di Gibilterra e il canale di Suez.

Nell'ottobre del 1999, i ministri di Italia, Francia e Principato di Monaco hanno posto la firma definitiva che sanciva la nascita ufficiale del Santuario per i mammiferi marini, noto in Francia come Santuario Pelagos, area marina protetta che interessa Francia (Costa Azzurra e Corsica), Principato di Monaco e Italia (Liguria, Toscana e nord della Sardegna). Si estende infatti da Punta Escampobariou (vicino alla città francese di Tolone) a Capo Falcone e capo Ferro in Sardegna, fino a Fosso Chiarone, situato al confine tra Toscana e Lazio (vedi cartina sopra) ed occupa una superficie marina complessiva di circa 87.500 Kmq.
E' stata la prima volta in Europa che tre nazioni affacciate sul Mar Mediterraneo hanno unito le loro forze per creare un'area protetta, poiché una serie di studi ha rilevato che in questa zona del mar Mediterraneo vi è una massiccia concentrazione di cetacei, grazie soprattutto alla ricchezza di cibo.
Per notizie varie su Pelagoshttp://www.sanctuaire-pelagos.org/It/.

Carta del Mar Ligure: nell'area fra le
linee  rosse secondo l'Organizzazione
idrografica internazionale e fra le
linee blu secondo l'Istituto
idrografico della Marina
Militare italiana.
In territorio italiano, il Santuario per i mammiferi marini è stato istituito nel 1991, in qualità di area naturale marina protetta di interesse internazionale, occupante una superficie a mare di 2.557.258 ha (circa 25.573 Kmq), situata fra Liguria, Sardegna e Toscana.

Il Mar Ligure è il settore del Mar Mediterraneo nord occidentale che bagna le coste della Liguria, della Provenza e della Corsica ed è caratterizzato da una piattaforma continentale molto ristretta, che precede una scarpata incisa da numerosi piccoli canyon sottomarini. La sua profondità massima si aggira intorno ai 2.600 m. Sulle sue coste vi sono molti centri balneari e vi si affacciano numerosi ed importanti porti commerciali quali La Spezia, Genova, Savona, Nizza.
Il Mar Ligure è un mare aperto, ove le masse d’acqua fredda di origine atlantica si rimescolano con altre più calde che risalgono lungo le coste del Tirreno, questo fa sì che la sua temperatura risulta abbastanza costante durante l’anno, di fatti si possono registrare in periodo invernale temperature di 12÷13 °C per poi passare a temperature estive intorno ai 24÷25 °C. 

Da anni sono attive imbarcazioni
whale watching anche in
provincia d'Imperia. 
Trattasi di un mare piuttosto profondo con fondali di vario tipo, morfologicamente accidentati ed è definito un “Oceano in miniatura” perché in esso vi si trovano tutte le caratteristiche idrodinamiche che caratterizzano le acque oceaniche. Il movimento delle correnti segue prevalentemente la direzione da Levante a Ponente, la marea è quasi nulla e inferiore ai 30 cm, la salinità è piuttosto elevata e raggiunge concentrazioni superiori al 37 per mille.

Nel Mar Ligure, i mammiferi marini sono presenti con almeno otto specie:

              - la Balenottera comune 
(Balaenoptera physalus),
il secondo animale più grande al mondo, secondo solo alla balenottera azzurra,
Capodoglio, da http://www.viaggiper
sub.it/biologia-marina/capodoglio/


- il Capodoglio
(Physeter macrocephalus),

Delfino comune, da http://nefsc.noaa
.gov/rcb/photogallery/dolphins.html


- il Delfino comune
(Delphinus delphis),
- il Tursiope
(Tursiops truncatus),

Stenella, di Nicola Hodgins da
http://us.whales.org/species
-guide/striped-dolphin


- la Stenella striata
(Stenella coeruleoalba),
Globicefalo, di Alamy, da https://biow
eb.uwlax.edu/bio203/f2013/nixon_abig/


- il Globicefalo
(Globicephala melas),
Grampo, da http://au.whales.org
/species-guide/rissos-dolphin


- il Grampo 
(Grampus griseus),
Zifio, dahttp://www.crru.org.
uk/cuviers_beakedwhale.asp

- lo Zifio
(Ziphius cavirostris).

Raramente si possono avvistare anche:

Balenottera minore, da http://www.
salishsea.org/media/northern-minke
-whale-balaenoptera-acutorostrata/



- la Balenottera minore
(Balaenoptera acutorostrata),
Steno, da http://www.cascadiare
search.org/Hawaii/roughtoothed
dolphin.htm



- lo Steno
(Steno bredanensis),

Orca, da http://us.whales.org/
wdc-in-action/facts-about-orcas


- l’Orca
(Orcinus orca),
Pseudorca, da https://fr.pinterest.
com/pin/442971313324855572/



- la Pseudorca
(Pseudorca crassidens).

Tartaruga marina da https://www.la
nuovaecologia.it/oggi-la-giornata
-delle-tartarughe-marine/
e anche, per i rettili,
                                            
- la Tartaruga marina
(Chelonioidea),
classificata da Baur nel 1893, appartenente alla superfamiglia delle Testudines, adattate alla vita marina. Sono tra i più antichi tetrapodi della Terra, rettili perfettamente adattati alla vita marina, grazie alla forma allungata del corpo, ricoperto da un robusto guscio o carapace, ed alla presenza di “zampe” trasformate in pinne. Le tartarughe di mare sono per lo più erbivore e mangiano soprattutto alghe e alcuni tipi di corallo. Si nutrono anche di meduse, essendo immuni alla loro puntura, grazie alla robusta pelle di cui sono dotate.

Tartaruga liuto avvistata dai
 ricercatori del Cima di Savona.
I ricercatori del Cima, il Centro Internazionale in Monitoraggio Ambientale di Savona, hanno avvistato anche la rarissima Tartaruga liuto, che può sfiorare i 2 metri di lunghezza e i 700 kg di peso: da QUI

Ma ormai, nel mar Ligure, nidifica anche la Caretta caretta
Caretta caretta, foto di Giulia
Calogero. Fonte Menkab.
Da https://walloutmagazine.com/un-mare-
bollente-parte-prima-le-caretta-caretta-liguri/#:~:text=La%20Caretta%20caretta%20ha%20un,un%20aumento%20della%20sua%20distribuzione. A metà luglio 2021 vengono rinvenuti a Finale Ligure due piccoli di tartaruga Caretta caretta, uno morto sepolto sotto alla sabbia e uno vivo – sottoposto a controlli da parte dei veterinari dell’acquario di Genova – poi rilasciato in mare. Nello stesso periodo, nell’estate 2022 accade di nuovo, ma a Levanto. Ecco cosa ne dice Giulia Calogero, ricercatrice e presidentessa di Menkab, il respiro del mare, Associazione che opera dal 2010 a sostegno delle attività di ricerca scientifica e di educazione ambientale dedicate al Mar Mediterraneo. "La Caretta caretta ha un passaggio abituale nel Mar Ligure, viene da sempre avvistata a largo soprattutto durante la stagione estiva. È la specie di tartaruga marina più diffusa nel Mediterraneo occidentale e negli ultimi anni si vede un aumento della sua distribuzione. Menkab osserva circa 10 tartarughe a stagione estiva, ma è un numero sottostimato per l’altezza della barca, i whale watching nel periodo giusto ne vedono anche il doppio. Abitualmente i siti di nidificazione in Mediterraneo occidentale sono al sud: Lampedusa, Mar Ionio, Sardegna e Mar Tirreno. Dal 2010 in poi sono iniziate le segnalazioni anche a nord della Toscana. Per la Liguria l’evento del 2021 è stato il primissimo caso di potenziale nidificazione, anche se non è l’evento più a nord: è accaduto infatti anche a Jesolo in contemporanea. La particolarità della Liguria è il non avere una grande offerta di spiagge idonee oltre ad avere una costa ampiamente antropizzata e quasi priva di spiagge libere. Solitamente l’area del nido viene segnalata e delimitata da parte di Acquario di Genova e della Guardia Costiera. Per quanto riguarda il monitoraggio fino alla schiusa del nido, di solito ci si affida al lavoro di volontari di tante realtà e associazioni coadiuvati dalla presenza di esperti sul campo. È importante riconoscere il momento dell’uscita dei piccoli dal nido – spesso succede durante la notte – per creare loro un corridoio sicuro per arrivare al mare, possibilmente privo di fonti luminose che potrebbero disorientarli. Oltre al caso del 2021 a Finale Ligure e del 2022 a Levanto, c’è stato anche un altro potenziale tentativo di nidificare, da parte della Caretta caretta a Bordighera sempre la scorsa estate. L’aumento della potenzialità di nidificazione della Caretta caretta anche nelle nostre spiagge è un dato di fatto. Una delle spiegazioni è che le tartarughe marine hanno un optimum di temperatura in cui possono avere una migliore ratio di nati maschi e femmine, in modo da non sbilanciare la popolazione. La nidificazione sempre più al nord si può imputare a questo: la ricerca di temperature migliori rispetto a quelle che ormai potrebbero non trovare più al sud – o per lo meno hanno iniziato a trovare anche al nord." Giulia Calogero ci sta dicendo quindi che le tartarughe marine non si trovano così male dalle nostre parti. La causa di ciò è l’aumento della temperatura media degli oceani e di conseguenza il contenuto di calore globale del mare. 
"Per discutere delle variazioni termiche del Mediterraneo", precisa Sara Durante, ricercatrice al CNR che lavora sulle modifiche generali delle caratteristiche termoaline (n.d.r.: legate a temperatura e salinità) delle acque, sia nel Mediterraneo che globali, "uno dei parametri più utilizzati come indicatore per gli studi sul cambiamento climatico è la temperatura superficiale, che è facilmente monitorabile per esempio grazie ai satelliti e rappresenta il confine tra atmosfera e oceano. La temperatura superficiale globale media è aumentata rispetto all’era preindustriale, pur in modo non uniforme nel tempo e nello spazio. L’aumento medio globale negli ultimi 40 anni è di circa 0.6°C, poco più di mezzo grado, che può sembrare poco, ma non lo è. Basti pensare a un esempio fisiologico: quando ci viene la febbre, anche mezzo grado di temperatura in più può determinare grossi scombussolamenti! Il Mar Mediterraneo, in particolare, è considerato un “hot spot”, cioè una zona calda per il cambiamento climatico: le sue dinamiche climatiche sono particolarmente suscettibili e reattive ai cambiamenti, il che in un certo senso permette di studiare “in anticipo” cosa potrebbe succedere a livello globale, dove invece i tempi di risposta sono più lenti. Numerosi studi, guardando agli ultimi 20 anni, sono in accordo nel rilevare un aumento non solo nella temperatura superficiale, ma anche del livello del mare e della salinità superficiale, per esempio, che sono altri parametri “sentinella” che ci dicono tutti in modo concorde che le cose stanno cambiando. Questi parametri aumentano, con valori che dipendono però da un’infinità di variabili, essendo l’ecosistema terra, o più in piccolo il sistema dinamico Mediterraneo, estremamente complicato. Dare un singolo valore medio è riduttivo, perché non rappresentativo delle complesse dinamiche in gioco. Per esempio, sappiamo che la temperatura media del pianeta terra (aria) è circa 15°C. Questo numero però non ci dice assolutamente niente sulla complessità delle fasce climatiche presenti sul pianeta – dai poli all’equatore – è, appunto, una media. Come sappiamo dai rapporti IPCC (Wall:out ha parlato qui dell’ultimo Intergovernmental Panel on Climate Change, ovvero quel gruppo di persone che si occupa di revisionare e riassumere tutti gli studi scientifici sul cambiamento climatico) il massimo aumento di temperatura media globale che ci possiamo permettere – in questo caso dell’aria, ma vale lo stesso ragionamento – per sperare di mantenere le dinamiche climatiche terrestri non troppo distanti da come le conosciamo ora è 1,5°C, che sembra poco, ma è in realtà un numero enorme e con infinite implicazioni, andando a fare gli zoom spazio-temporali. Con questo concetto chiaro in mente e tornando alla temperatura superficiale del Mediterraneo, possiamo dire che si sta scaldando in media di valori intorno allo 0,04°C all’anno, che non è poco! Possiamo dire che si sta scaldando sempre più velocemente rispetto ai trend del passato e che è sempre più difficile provare a fermare o invertire il trend. Articolo di BIANCA LAURA P. - 23 GIUGNO 2023.

I tipi fondali del Mar Ligure si possono distinguere in 3 tipologie alquanto diverse tra loro, come sabbiosi e ciottolosi, rocciosi divisi in quattro diverse zone (scogliere emerse, fascia litorale rocciosa,  scogliera sommersa e coralligeno) e infine fondali fangosi e detritici.

1 Fondali sabbiosi e ciottolosi: hanno pendenze lievi (10 ÷ 20 gradi), sono comuni e dominanti nella riviera ligure di Ponente e sono popolati da una ricca varietà di organismi animali e vegetali, quali ad esempio triglie (Mullus surmuletus), succiascogli (Lepodogaster spp) e da varie alghe soprattutto Rodoficee come il litofillo (Lithophyllum lichenoides).

Litofillo (Lithophyllum licheno
ides) da http://manuel.gonzales
.free.fr/
pages/lithophyllum_
lichenoides.html
Triglia (Mullus surmuletus)
Succiascogli (Lepodogaster
lepodogaster) di Roberto Pillon
CC BY 3.0, https://commons.
wikimedia.org/w/index.php
?curid=32281143














2) Fondali rocciosi: sono dominanti nella riviera ligure di Levante e sono caratterizzati dalla presenza di numerose specie di alghe, il cui sviluppo è particolarmente rigoglioso nella stagione estiva. Allontanandosi progressivamente dalla costa, i fondali rocciosi presentano in sequenza quattro diverse zonea) le zone a scogliera emerse, b) la zona litorale rocciosa, c) le scogliere sommerse, d) il coralligeno. Vediamole nel dettaglio.

Littorina neritoides, da http://www.
aphotomarine.com/images/marine_
snails/marine_snail_melarhaphe_
neritoides_small_periwinkle_
19-03-12_1.jpg
a) Le scogliere emerse sono zone non raggiunte dal mare nemmeno durante la fluttuazione dell’alta marea. Sono comunque raggiunte occasionalmente solo da alcuni spruzzi di  eccezionali grandi ondate durante le mareggiate. Comuni in queste scogliere vi sono animali quali la littorina (Littorina neritoides) che grazie alla sua conchiglia scura crea un microambiente acquatico che le permette di vivere anche una settimana fuori acqua.

Posidonia oceanica, da http://www.inf
ormagiovaniagropoli.it/wordpress/wp-
content/uploads/2015/07/91242.jpg
 
b) La fascia litorale rocciosa è quella zona  compresa tra l’alta e la bassa marea. 

Vi possiamo trovare fanerogame marine, quali 

la posidonia oceanica

e varie alghe quali

Cladophora


la padina pavonia,


la cladophora ed altre.

Pomodoro di mare (Actinia equina)

Fra gli animali vi troviamo

                         il pomodoro di mare
(Actinia equina),
 
Anemonia sulcata, da
 www.akvarij.net



l’anemone
(Anemonia sulcata),


                                        dei bivalve quali le cozze 
     (Mytilus  galliprovincialis)  
Balanus perforatum, di Cwmhiraeth,
opera propria CC BY-SA 3.0, https
://commons.wikimedia.org/w/
index.php?curid=15993530
 




e vari crostacei come 
il Balanus perforatum.









Pachygrapsus marmoratus
c) La scogliera sommersa è quella zona compresa tra 1 e 40 metri  di profondità.

                          Fra gli organismi animali, vi troviamo alcuni
                                                                              granchi corridori 
                                                                    (Pachygrapsus marmoratus)
Rametti di idrozoi con soppra un
gruppo di Cratene, da http://www.
marcoboncompagni.it/il-conero
-le-stagioni-dei-nudibranchi/



e rametti di idrozoi,
Stelle marine spiaggiate


                                                                               qualche stella marina,
(Astropecten)



Ricci (Arbacia lixula),di Albert Kok,
https://commons.wikimedia.
org/w/index.php?curid=2927439


dei ricci 
Lattuga di mare (Ulva rigida),
da www.aiam.info
(Arbacia lixula);


             e tra le alghe possiamo trovare

la lattuga di mare
(Ulva rigida)

Ombrellino di mare (Acetabularia
acetabulum)



e l’ombrellino di mare 
(Acetabularia acetabulum), ecc. ecc.






d) Il coralligeno è quella zona caratterizzata al limite inferiore oltre il quale la alghe fotofile non riescono a vivere, cioè tra i 30 e i 200 metri di profondità.

Eunicella singularis, di Géry Parent,
opera propria CC0, https://commons
.wikimedia.org/w/index.php?
curid=12154157
             Vi possiamo trovare

Aragosta (Palinurus elephas),
da www.atlantisgozo.com
delle gorgonie
come l'Eunicella


            dei crostacei come l'aragosta
(Palinurus elephas),




Axinella damicornis, di Matthieu
Sontag (user: Mirgolth), opera
propria, CC BY-SA 3.0, https:
//commons.wikimedia.org/
w/index.php?curid=15969971
Murena helena, da
www.fondalicampania.com

delle murene
(Murena helena)
                                                                                 e grosse spugne
(Axinella sp.).




3Fondali fangosi e detritici: sono costituiti da una sabbia molto fangosa, contenenti piccole pietre e gusci di Bivalvi e si trovano generalmente tra i 40 e gli 80 metri di profondità. Si sviluppano al termine delle ultime propaggini rocciose e a volte emergono sotto forma di scogli e secche; tra le strutture più comuni presenti, ci sono le increspature del fondale dovute alle correnti sottomarine, chiamate "ripple marks".
Astropecten aranciacus, da
www.alessandrofalleni.com

La popolazione animale che caratterizza questi ambienti è rappresentata soprattutto da:
stelle di mare
(Astropecten aranciacus),
Oloturia cucumaria, da
www.biologiamarina.org



cetrioli di mare 
(Cucumaria sp.)

Scorpaena notata, da http://www.
naturamediterraneo.com/forum
/topic.asp?TOPIC_ID=80049
e vari tipi di pesci quali

scorfani 
(Scorpaena notata), 
Uranoscopus scaber, da http:
//www.photomazza.com/?
Uranoscopus-scaber&lang=it



pesci prete 
(Uranoscopus scaber), che si infossano con tutto il corpo nel sedimento di fondo, 

Zeus faber, di Benutzer Kleines
Opossum, CC BY-SA 3.0, https:
//commons.wikimedia.org/
w/index.php?curid=1247444





il pesce San Pietro
(Zeus faber)




e il cappone lineato 
(Trigloporus sp).

Posidonia



Comune a tutti i fondali del Mar Ligure è la presenza della Posidonia oceanica, pianta importantissima per l’habitat sommerso in quanto produttrice di ossigeno e di sostanze organiche, nonché rifugio di molte specie ittiche; altra sua proprietà è quella di proteggere le spiagge e i litorali dall’erosione dovuta al moto ondoso, una preziosa barriera naturale. Quello del mar ligure, è un'ecosistema davvero unico. (Da http://www.biologiamarina.eu/MarLigure.html)

NELLE ACQUE DELLA RIVIERA DEI FIORI

Carta della Riviera dei Fiori, all'estremo ponente (ovest) ligure

Il mare ai Bazi Rossi.
I Balzi Rossi, sul confine con la
Francia.
Il tratto costiero sul Mar Ligure denominato  Riviera dei Fiori  (Rivea de Scioe in ligure) che insieme alla Riviera delle Palme (la provincia di Savona) fa parte della Riviera del Ponente ligure, è la  provincia di Imperia, che si estende da Cervo (a capo Mimosa) fino ai Balzi Rossi (capo Mortola), al confine con la Francia, dove inizia Mentone.
Al centro di questa riviera, c'è Sanremo.

La statua "Primavera" di
Vincenzo Pasquali (1922)

Sanremo e il suo mare da capo
Nero, (a ponente, ovest) a capo
Verde (a levante, est). Nelle
giornate limpide si può vedere
la  costa Toscana.
Sanremo vista da capo Verde, a
levante (est). Sullo sfondo capo
Nero a ponente (ovest). Nelle
giornate limpide si vede la costa
francese con le sue isole.
Tipico della Riviera dei Fiori è il clima  estremamente mite, poco piovoso e molto soleggiato, ricercato da un raffinato turismo  ormai secolare e habitat ideale per  tutti i tipi di piante, dalle alpine alle tropicali. 

Sul lungomare di Sanremo.
Il mare visto da Perinaldo.
L'alta valle Argentina.

Qui i fiori sono coltivati e commercializzati da decenni.
La Riviera dei Fiori è caratterizzata da un entroterra che da poche centinaia di metri dal mare inizia ad essere collinoso e perlopiù coltivato a uliveto, fino a raggiungere le Alpi Marittime liguri, in cui il monte Saccarello raggiunge i 2.201 metri.

Sanremo e il suo mare, con Capo
nero all'orizzonte. Nelle giornate
limpide si può vedere la costa
francese fino alle isole di Hyères.
Protuberanze rocciose ai tre
ponti, Sanremo.

Altra tipicità della riviera ligure, è quella dei tipi di spiagge che si possono trovare.



Infatti, oltre ad ampie spiagge sabbiose scogli di roccia, si possono incontrare ampi tavolati  rocciosi affioranti o semiaffioranti, denominati spiagge-fossili o beach-rock
Spiaggia fossile ai tre
ponti di Sanremo.

Nelle giornate limpide, si può
intravvedere, grazie alla rifrazione,
la Corsica.


Queste particolari strutture geologiche sono rocce sedimentarie, composte da miscele variabili di ghiaia e sedimenti di sabbia cementate con minerali di carbonato di calcio, che si sono formate circa 3.000 anni fa.





Il mare dai Balzi Rossi.
Sanremo: capo Nero e Francia.

Mare mosso a Vallecrosia.









Vediamo ora che flora e che fauna si possono incontrare in queste acque:
- nei pressi degli scogli e delle spiagge-fossili,
- dalla costa fino a 4 metri di profondità del mare,
- da 4 a 8 metri di profondità del mare,
- da 8 a 18 metri di profondità del mare,
- oltre i 18 metri di profondità del mare.

NEI PRESSI DEGLI SCOGLI E DELLE SPIAGGE-FOSSILI si possono trovare: Alga palla (o Borsa verde), Patelle, Pomodori di mare, Cozze, Ricci, Stelle marine, Pulci marine, Paguri, Granchietti, Polpi, Bavose ruggine.

Alga palla da http://www.portofino
amp.it/it/schede-organismi/227-
codium-bursa-alga-a-palla.html
L'alga palla (Codium bursa) o borsa verde, è un'alga molto particolare, ha una consistenza gelatinosa ed è un pò ruvida al tocco, di colore verde, generalmente abbastanza scuro e piuttosto intenso negli esemplari più grandi, viene spesso confusa con una spugna per via della forma e della consistenza. Il colore esterno può anche variare per la presenza di incrostazioni o di alghe microscopiche. Da giovane ha una forma arrotondata e crescendo tende ad assumere una forma schiacciata in alto. Cava all'interno, con il tempo può raggiungere dimensioni rilevanti, sfiorando il mezzo metro di diametro. Abbastanza comune nei fondali coperti da alghe fotofile ma anche nelle praterie di Posidonia oceanica, con esemplari sparsi o piccole colonie, è una specie che si fissa tenacemente al substrato, ma tuttavia alcuni individui si possono osservare sulle spiagge dopo violente mareggiate che li hanno distaccati dalle rocce del fondale. Diffusa nel Mar Mediterraneo, si trova su fondali rocciosi dalla superficie fino a 50 metri di profondità.

Patella che aderisce alla roccia.
Le patelle sono un genere di molluschi gasteropodi della famiglia Patellidae, dotati di una conchiglia conica, sottile, dal contorno grossolanamente ovale, che si adatta alla superficie alla quale l'animale aderisce. Il corpo, formato da un voluminoso sacco, è munito di un piede robusto che aderisce a ventosa sul substrato. La respirazione avviene attraverso pseudobranchie poste attorno al piede. La bocca presenta un organo caratteristico, detto radula, che consente loro di grattare le alghe che aderiscono alle rocce.
La patella nel lato inferiore.
La parte inferiore della radula contiene una fila di denti, classificato come il materiale biologico più resistente finora conosciuto (sopportano forze dai 3.0 ai 6.5 GPa). Posseggono un occhio rudimentale, formato da un agglomerato di cellule sensoriali e pigmentate immerse in una sostanza gelatinosa. Vivono su substrati rocciosi soggetti a periodiche variazioni della marea (zona intertidale). Il loro piede, aderendo con forza al substrato, trattiene una quantità di acqua sufficiente ad impedire la disidratazione, e consente loro di sopportare lunghi periodi di emersione. L'adesione è resa possibile anche dalla secrezione di una sostanza viscosa. Sono animali erbivori che si nutrono di alghe. Sono diffuse nel Mediterraneo, nell'Oceano Atlantico e nel Mar Nero. Il loro habitat è costituito dalle rocce del piano mesolitorale.

Pomodoro di mare fuori dall'acqua,
attaccato alla roccia.
Actinia equina (Linnaeus, 1758), comunemente nota come pomodoro di mare, è un cnidario antozoo della famiglia Actiniidae, che abita la zona intertidale, fino a pochi metri di profondità. È un'anemone di mare di piccole dimensioni (3-9 centimetri), di colore dal rosso vivo al rosso brunastro, munita di tentacoli urticanti, talvolta di colorazione più chiara. Il corpo è cilindrico ed ha alla base un disco pedale più ampio del tronco sovrastante. L'apertura boccale è circondata da circa 200 tentacoli piuttosto corti. Durante la bassa marea spesso rimane al di fuori dell'acqua, assumendo l'aspetto di una piccola pallina di aspetto gelatinoso con un incavo al centro. Quando è completamente immersa estroflette i suoi tentacoli e assume una forma simile a quella di un fiore.
Pomodoro di mare in acqua.
Vive ancorata alle rocce ma è in grado di spostarsi, seppur molto lentamente, scivolando sul disco pedale. Ha una forte resistenza alle sollecitazioni esterne, grazie anche alla sua capacità di resistere senza acqua e ad alte temperature per molte ore. È una specie carnivora; si nutre di molluschi, crostacei e piccoli pesci che cattura con i suoi tentacoli, provvisti di cellule urticanti che paralizzano le prede. Di regola si riproduce per accoppiamento tra esemplari di sesso differente, ma può anche riprodursi assessualmente per scissione. Pressoché cosmopolita, vive nella zona intertidale dei mari dell'area temperata, dall'Atlantico all'Indo-Pacifico. Comune nel mar Mediterraneo ove popola gli scogli costieri e i trottoir a vermeti. Specie robusta ed estremamente adattabile, si presta ad essere allevata facilmente in acquario.

Cozze, da http://www.notizienazionali
.net/notizie/politica/1276/il-governo
-cozza
I mitili Mytilus galloprovincialis, Lamarck, 1819, sono molluschi bivalve ed equivalve, chiamati comunemente in italiano anche cozze oppure muscoli a seconda della regione. È un mollusco lamellibranco, dotato cioè di branchie a lamelle che assorbono l'ossigeno per la respirazione e che trattengono contemporaneamente il cibo per l'alimentazione, costituita soprattutto da plancton e particellato organico in sospensione. La valva, composta principalmente da carbonato di calcio, si presenta esternamente di colore nero o nero-viola, con sottili cerchi d'accrescimento radiali e concentrici verso la parte appuntita; internamente si presenta invece di colore madreperla, ma con una superficie liscia. Le due valve sono tenute insieme da una cerniera con tre o quattro dentelli. La forma è grossolanamente quadrangolare, con il margine valvare arrotondato da un lato e appuntito e leggermente incurvato dall'altro. Una volta aperto, il mollusco mostra il mantello che contiene tutti gli organi interni, tra cui quelli riproduttivi. La distinzione tra i due sessi è possibile grazie all'osservazione del colore del mantello stesso, il quale, una volta raggiunta la piena maturità sessuale, si presenta di colore giallo crema nei maschi e di colore rosso arancio nelle femmine. L'animale si lega al supporto attraverso la fibra di L-3,4-diidrossifenilalanina (DOPA), in Tarantino denominata "Zoca", studiata per la straordinaria resistenza alla trazione. La riproduzione avviene emettendo sperma e uova nell'acqua, denominato "lattime", dove avviene la fecondazione esterna.
Le larve attraversano diversi stadi di sviluppo prima di diventare adulte, allorquando per mezzo del bisso, un filamento bruno che secernono e che si solidifica a contatto con l'acqua, sono in grado di fissarsi a rocce o supporti duri. La sua vita media è di circa quattro anni e l'attività sessuale dura per tutta la vita. Ha una fecondazione incrociata. La distribuzione naturale del mitilo mediterraneo comprende tutto il Mediterraneo, il Mar Nero e la fascia costiera dell'Atlantico orientale, dal Marocco alle Isole Britanniche ma si è naturalizzato in diverse regioni del mondo, p.es. in Giappone, in California, in Sudafrica ecc. Il mitilo mediterraneo è stato inserito nella lista delle cento specie invasive più dannose, è edule, ma il suo consumo richiede molte precauzioni poiché esso può essere facilmente ricettacolo di batteri e/o virus molto pericolosi, specialmente se cresciuti in zone marine prossime a scarichi urbani od in zone ove le correnti marine trascinano elementi provenienti da acque reflue. Infatti essi, come d'altro canto tutti i lamellibranchi, filtrano attraverso le loro branchie una gran quantità di acqua trattenendone particelle e microorganismi in essa sospesi. (I mitili potrebbero essere utilizzati proficuamente nella biodepurazione dei reflui urbani, infatti un singolo mitilo è capace di depurare 4 litri di acqua inquinata all'ora. Per i motivi suddetti è sconsigliabile l'uso invalso di mangiarli crudi, conditi con succo di limone.
Cozze allevate
In alcune zone del meridione d'Italia questo modo di cibarsene è considerato, erroneamente, apportatore di effetti afrodisiaci. La credenza poi, che succo di limone spruzzato sul mollusco uccida i batteri è assolutamente infondata, dato che per eliminare tutti i batteri il succo di limone impiegherebbe diverse ore, o addirittura giorni. Le patologie più comuni che possono insorgere a seguito di ingestione di mitili crudi cresciuti in acque non perfettamente sane sono: tifo, paratifo, colera, Norovirus ed epatite virale. Le tossine algali DSP e PSP rispettivamente causa di sindromi gastroenteriche e neurologiche di cui i mitili sono accumulatori qualora presenti nell'acqua, sono termoresistenti. Da un punto di vista delle calorie contenute nella parte edibile del mitilo, si ha una media di 58 calorie ogni 100 gr. Significativo l'apporto dietetico di ferro, ammontante a 5,8 mg ogni 100 gr di parte edibile. Oggi essi sono oggetto di coltivazioni in vivai di allevamento distribuiti in tutto il Mediterraneo.

Ricci di mare
Il riccio di mare (Paracentrotus lividus) appartiene ai ricci regolari, è di modeste dimensioni e con forma leggermente depressa.
Riccio femmina, di Frédéric Ducarme,
opera propria, CC BY-SA 3.0
https://commons.wikimedia.org
/w/index.php?curid=29410577
Il dermascheletro è verde mentre la parte inferiore, dove è presente la bocca è violacea.
Gli aculei robusti e acuminati possono essere di colore viola, rossastro, bruno e talvolta bianco. Si nutre di alghe e delle foglie della posidonia.
Le sue uova sono molto apprezzate e consumate fresche. Condivide il suo ambiente con un’altra specie di riccio di colore nero (Arbacia lixula), solitamente più abbondante.
Echinoidea (Leske, 1778) è una classe del phylum Echinodermata che comprende gli organismi marini comunemente denominati ricci di mare, che si suddividono fra: 
Riccio regolare, di Esko Janti
https://commons.wikimedia.
org/w/index.php?curid=9784052
- Echinoidei Regolari, il cui corpo è sostenuto da un endoscheletro di calcite nel derma che forma una teca sferica,
- Echinoidei Irregolari, che hanno invece un endoscheletro cuoriforme, con asse oro-aborale spostato in obliquo; inoltre i setti ambulacrali assumono una forma a cinque petali e vengono chiamati petaloidi. Un sottogruppo di Echinoidei Irregolari, come quelli della famiglia Clypeasteridae, ha invece la teca appiattita e vengono chiamati comunemente dollari della sabbia. La simmetria è invece esclusivamente bilaterale negli Echinoidei Irregolari. La larva, detta echinopluteo o semplicemente pluteo, possiede 6-8 paia di braccia che sostengono bande ciliate usate per l'alimentazione e la locomozione. Ha una vita planctonica che dura parecchi mesi, al termine della quale si deposita sul fondo per dar vita alla forma di adulto. Presenta simmetria bilaterale. Gli Echinoidea sono diffusi nelle acque dei tre principali oceani, dai poli all'equatore, nonché nel mar Mediterraneo. Possono essere trovati in ogni tipo di habitat marino, dalla zona intertidale sino a profondità di oltre 5.000 metri. È possibile ritrovare molti di questi endoscheletri nei fondali marini e anche presso la riva.

Stelle marine spiaggiate
La classe Asteroidea comprende quegli Echinodermi comunemente conosciuti sotto il nome di stelle marine. La simmetria degli Asteroidea è in realtà una simmetria raggiante, data dalla presenza delle piastrelle madreporiche, un'apertura dell'apparato acquifero posta in posizione eccentrica, sul lato dell'animale rivolto verso l'alto. La maggior parte delle stelle marine ha tipicamente cinque raggi o braccia, che si diramano da un disco centrale. Molte specie, però, presentano frequentemente sei o più raggi. Molti gruppi Asteroidei, come le Solasteridae, hanno tra 10 e 15 braccia, mentre altre specie, come l'antartico Labidiaster annulatus, ne possono avere fino a 50. Non è raro che esemplari che normalmente hanno 5 raggi, ne presentino di più per difetti di sviluppo. Le stelle marine non devono essere confuse con le cosiddette stelle serpentine, simili a una prima occhiata agli Asteroidea ma in realtà appartenenti a un'altra classe (classe Ophiuroidea). Non è difficile distinguere un Asteroideo da un Ofiuroideo: si può farlo basandosi sull'osservazione di pochi caratteri morfologici esterni: forma delle braccia, piuttosto tozza negli Asteroidei e più stretta e allungata negli Ofiuroidei; la sezione trasversale delle braccia, appiattita negli Asteroidei ma circolare negli Ofiuroidei; il disco centrale negli Asteroidei è in continuità diretta con le braccia mentre negli Ofiuroidei ne è nettamente distaccato. Il corpo degli Asteroidei è ricoperto da una teca fatta da piastre abbastanza ravvicinate l'una all'altra e come in tutti gli altri Echinodermi, la teca è di origine mesodermica (si parla di dermascheletro), ricoperta da un sottile strato di epidermide ectodermica. Si possono individuare un lato orale e un lato aborale. Il lato orale è rivolto verso il substrato e presenta la bocca; il lato aborale è rivolto verso l'alto e vi si trovano il madreporite e l'ano. La stella marina passa la maggior parte della sua giornata in cerca di cibo, può ingoiare piccole prede intere e alcune possono rovesciare lo stomaco all'esterno della bocca, farvi aderire animali anche grandi e digerirli esternamente, ma le sue prede preferite sono piccoli crostacei e molluschi, come le cozze e anche i ricci. Con le sue forti zampe, la stella marina riesce ad aprire il guscio anche delle conchiglie più resistenti e a cibarsene. Non ha nemici fra i predatori ma è vittima dei parassiti. Nonostante la sua bellezza, la stella marina viene definita come uno degli abitanti più voraci dei fondali marini. A causa della conformazione del sistema vascolare, le stelle marine e gli altri echinodermi non sono in grado di filtrare le tossine e gli agenti inquinanti che risiedono nell'acqua, risultando così particolarmente vulnerabili alle contaminazioni dell'ambiente marino. L'inquinamento da petrolio ha un pesante impatto sulle popolazioni di echinodermi. Le stelle marine sono presenti in tutti i mari del mondo e in quelli tropicali si trovano le più appariscenti.

Pulce di mare, di Arnold Paul, opera
propria https://commons.wikimedia
.org/w/index.php?curid=1219867
Talitrus saltator (Montagu, 1808), noto comunemente come pulce di mare, è un piccolo crostaceo marino della famiglia Talitridae, di lunghezza compresa tra gli 8 ed 16 mm, diffuso lungo le coste dell'Europa e particolarmente presente nel mare Adriatico. Il nome comune del piccolo crostaceo deriva dalla capacità di effettuare piccoli salti, ottenuti dalla contemporanea contrazione dell'addome e della flessione delle zampe.

Paguro Bernardo
Il paguro (Pagurus, Fabricius, 1775) appartiene alla famiglia dei Paguridi, crostacei con addome ricurvo e molle. Il paguro vive in conchiglie vuote di gasteropodi su cui talvolta attacca spugne o attinie velenose per mimetizzarsi e difendersi. In caso di pericolo esso può ritirarsi completamente all'interno della conchiglia. La parte terminale della coda del paguro è adatta per afferrare fortemente la conchiglia che porta sempre con sé. Quando cresce e le dimensioni della conchiglia non sono più adatte cerca una nuova conchiglia per potersi proteggere. Al mondo ci sono circa cinquemila specie conosciute, la quasi totalià delle quali vive in ambiente acquatico, ma ai tropici ne esistono anche di tipo terrestre.

Granchio comune
granchi (Brachyura Linnaeus, 1758) sono un infraordine di crostacei decapodi acquatici, dotati di un robusto carapace e di due potenti chele, pertanto utilizzano quattro paia di arti per il movimento e le chele per prendere, difendersi e cibarsi. 
Granchio che nuota
L'addome è ripiegato verticalmente ed è quindi nascosto.
Molte specie sono notturne, quando la presenza di potenziali predatori è minore e la loro alimentazione varia da specie a specie e comprende animali, piante, carcasse. I granchi sono in generale commestibili; alcune specie sono anzi pregiate, come ad esempio la granceola (Maja squinado).

Polpo o piovra
Il polpo comune (Octopus vulgaris, Cuvier, 1797) o piovra, chiamato anche erroneamente polipo, nome del tutto scorretto da un punto di vista zoologico, in quanto i polipi sono invece animali acquatici appartenenti al phylum dei Cnidari come le attinie, chiamate anemoni di mare e le madrepore, che sono polipi coralli.
Il polpo invece, appartiene alla famiglia Octopodidae, è un mollusco cefalopode molto diffuso nei bassi fondali, non oltre i 200 metri. Preferisce i fondali aspri, rocciosi, perché ricchi di nascondigli, fessure e piccole caverne in cui nascondersi.
L'assenza sia di endoscheletro che di esoscheletro, permette al polpo di prendere qualsiasi forma e di passare attraverso cunicoli molto stretti. Il polpo possiede 3 cuori e ha la capacità di cambiare colore molto velocemente e con grande precisione nel dettaglio: sfrutta questa abilità sia per mimetizzarsi che per comunicare con i suoi simili. Sua caratteristica principale è la presenza di una doppia fila di ventose su ognuno degli otto tentacoli, il che lo distingue dal moscardino (Eledone), che ha una sola fila di ventose. Al centro degli otto tentacoli, sulla parte inferiore del polpo, si trova la bocca che termina con un becco corneo utilizzato per rompere gusci di conchiglie e il carapace dei crostacei dei quali si nutre. Il manto è lungo 8 - 25 cm, i tentacoli invece sono lunghi in media 40 - 100 cm, il peso varia da 500 grammi fino a 7 - 8 kg degli esemplari più grandi. In genere i maschi sono più grandi delle femmine. L'Octopus vulgaris vive mediamente un anno o al massimo un anno e mezzo. Altre specie, come la piovra gigante del Pacifico (Enteroctopus dofleinii) hanno aspettativa di vita maggiore, sopravvivendo anche 5 - 6 anni. Può spostarsi rapidamente espellendo con forza l'acqua attraverso un sifone, che viene utilizzato anche per l'emissione dell'inchiostro nero usato in funzione difensiva per confondere possibili predatori. Durante la riproduzione, per attrarre le femmine i polpi effettuano un rituale di corteggiamento in cui liberano sperma in pacchetti seminali, detti spermatofore. Per trasferirli alla cavità palleale della femmina durante la copula, utilizzano un braccio modificato chiamato ectocotilo. Dopo che la femmina del polpo ha deposto le uova (in numero che varia da 50.000 a 400.000), le difende da possibili predatori fino alla schiusa. In questo periodo di 1 - 2 mesi non si nutre perdendo una gran parte del suo peso e muore dopo la schiusa. Le paralarve che escono dalle uova attraversano prima una fase planctonica, per poi subire metamorfosi, diventare bentonici, ed essere in tutto e per tutto simili ad adulti in miniatura. Il polpo è talvolta confuso con la polpessa (Octopus macropus), un cefalopode dalle abitudini notturne, meno robusta e con tentacoli più lunghi del polpo, che talvolta gli permettono di predare anche il polpo stesso, che è caratterizzato da una livrea rossiccia e punteggiata di bianco. Il polpo è considerato uno degli invertebrati più intelligenti ed è stato dimostrato come abbia la capacità di apprendere se sottoposto a test di apprendimento per associazione e osservando gli altri della sua specie, capacità che è stata dimostrata solo in alcuni mammiferi. Quest'ultima evidenza è alquanto sorprendente, poiché, essendo il polpo un animale fortemente solitario, sembrerebbe inspiegabile un comportamento simile, tipico di animali con rapporti sociali. Una volta pescato, è in grado di riguadagnare la libertà uscendo attraverso i boccaporti delle navi. Sottoposto a test durante i quali gli è stata somministrata una preda rinchiusa in un barattolo, il polpo ha dimostrato di essere in grado di aprire il barattolo per raggiungere il cibo. Talora usa acquattarsi sotto gli anfratti rocciosi del fondo marino. In altri casi vive in tane preparate con pietre e conchiglie disposte in circolo, a difesa dell'imboccatura. Nel 2015, due gruppi di ricerca, all'Università di Chicago e all'Università della California a Berkeley, hanno compiuto il sequenziamento del genoma del polpo e di vari trascrittomi, operazione che ne ha rivelato le notevoli peculiarità. Si tratta, infatti, di un genoma più ampio di quello umano e con un numero superiore di geni codificanti (circa 33.000, contro i 25.000 del genoma umano).  La vastità del genoma è dovuta, in massima parte, all'espansione di due famiglie di geni, le protocaderine e i fattori di trascrizione C2H2. I geni codificanti per le protocaderine sono presenti in misura doppia rispetto ai mammiferi: trattandosi di proteine implicate nello sviluppo neurale, l'espansione della famiglia dei relativi geni codificanti dà conto dell'ampiezza della loro rete neurale che, oltre a costituire il sistema nervoso più sviluppato tra gli invertebrati, contiene sei volte il numero di neuroni del topo. Due terzi dei neuroni del polpo, peraltro, sono direttamente collegati agli organi di movimento (al punto che i tentacoli possono svolgere funzioni cognitive perfino da recisi: ad esempio, una volta recisi sono ancora in grado di riconoscere come sé il resto del corpo). Altra particolarità è stata evidenziata con l'individuazione di un gruppo di proteine coinvolte nello spiccato mimetismo del cefalopode, le reflectine, in grado di alterare le modalità di riflessione ottica della luce che incide sul corpo del polpo, inoltre, lo studio del genoma ha permesso la scoperta di un meccanismo che consente alle cellule di cambiare in modo rapido le funzioni di proteine già codificate, intervenendo con modifiche sulle stesse. Gli scienziati ipotizzano che questo meccanismo abbia a che vedere con le eccezionali attitudini all'apprendimento esibite da questi cefalopodi. Il polpo è un mollusco molto ambito nella pesca di professione, ma anche sportiva. Le tecniche di pesca sono tradizionali e consistono nell'utilizzo di un'esca chiamata polpara che talvolta viene utilizzata insieme a granchi e pesci. Presente in tutti i mari e gli oceani, è molto diffuso anche nel Mar Mediterraneo. Nel Mediterraneo viene pescato principalmente in due diversi periodi dell'anno: da settembre a dicembre (in buone quantità, seppur ancora di piccola taglia) e da maggio a luglio (periodo nel quale è di taglia più grossa).

Bavosa ruggine, http://www.colapisci
.it/scaletta/pesci/bavose/ruggine.htm
La bavosa ruggine o bavosa gattorugine (Parablennius gattorugine) è un pesce marino della famiglia dei Blenniidae. La sua livrea è piuttosto mimetica, con colorazione variabile su un fondo brunastro, dove spiccano da sei a otto fasce verticali, spesso con un sottilissimo bordo chiaro, che si estendono anche sulla pinna dorsale. Specie con tentacoli sopraorbitali a ciuffo con forma di abete, ha la testa grande e le labbra vistose. Colorazione variabile tra il giallo cupo e il marrone caffè, con fasce scure verticali che continuano sulla pinna dorsale, che non presenta incisione mediana. 
Bavosa ruggine
Spesso ha un'apparenza reticolata dovuta ad un reticolo di sottili linee molto chiare sovrapposte al disegno principale, può eccezionalmente raggiungere i 30 cm di lunghezza. Nuota in vicinanza del fondo, dove "cammina" con l'aiuto delle pinne ventrali e pettorali (che funzionano come organi tattili), e non percorre mai lunghe distanze. Depone le uova in primavera in una fessura e vengono poi guardate dal maschio. Può vivere sotto costa, tra gli scogli o spiagge-fossili, da pochi centimetri di profondità a qualche metro, oppure in zone rocciose ricche di fessure e nascondigli e a profondità abbastanza alte per un blennide, tra 3 e 40 m. È diffusa nel mar Mediterraneo occidentale dove è comune anche nei mari italiani, nel mar di Marmara (ma non nel mar Nero) e nell'Oceano Atlantico orientale, dall'Irlanda al Marocco.

DALLA COSTA FINO A 4 METRI DI PROFONDITA' si possono vedere: Ombrellino di mare, Posidonia, Schizoporella errata, Stella cuscinetto, Stella spinosa marrone, Paguro (vedi sopra), Granchio (vedi sopra), Gamberi, Salpa, Sarago fasciato, Donzella, Occhiata, Perchia, Marmora, Cefalo dorato, Bavose, Sarago maggiore e talvolta il Grongo.

Ombrellino di mare
L'ombrellino di mare (Acetabularia acetabulum) è un'alga verde, un organismo vegetale composto da una unica cellula (quindi è un organismo unicellulare) di grandi dimensioni (tra 0,5 e 10 cm) caratterizzata da tre parti: il rizoide che aderisce alle rocce, un lungo stelo al centro e in cima un ombrello. Il nucleo della cellula si trova nel rizoide e permette alla cellula di rigenerarsi.

Posidonia oceanica, di Yoruno, opera
propria CC BY-SA 3.0: https:
//commons.wikimedia.org/w/
index.php?curid=2921230
Posidonia è un genere di piante acquatiche, unico genere della famiglia delle Posidoniaceae (Angiosperme Monocotiledoni). Il nome del genere deriva dal greco Poseidon, il dio del mare.
La Posidonia oceanica è una pianta acquatica, endemica del Mar Mediterraneo, appartenente alla famiglia delle Posidoniacee (Angiosperme Monocotiledoni). Ha caratteristiche simili alle piante terrestri quali radici, un fusto rizomatoso e foglie nastriformi lunghe fino ad un metro e unite in ciuffi di 6-7. Fiorisce in autunno e in primavera produce frutti galleggianti volgarmente chiamati "olive di mare". Forma delle praterie sottomarine che hanno una notevole importanza ecologica, costituendo la comunità climax del mar Mediterraneo ed esercitando una notevole azione nella protezione della linea di costa dall'erosione. Al suo interno vivono molti organismi animali e vegetali che nella prateria trovano nutrimento e protezione: il posidonieto è considerato un buon bioindicatore della qualità delle acque marine costiere. Secondo la teoria più accreditata, il genere Posidonia aveva in passato un areale molto più ampio, che comprendeva sia regioni tropicali sia temperate. La competizione con altre piante meglio adattatesi alla vita lungo la fascia tropicale ha relegato le posidonie solo nelle regioni temperate. Attualmente il genere Posidonia presenta una distribuzione bipolare: delle 9 specie note la Posidonia oceanica è endemica del Mar Mediterraneo, mentre le rimanenti 8 specie sono diffuse nei mari dell'Australia.
Rizoma di posidonia, di Alberto
Romeo, albertoromeo@neomedia.
ithttp, aut. CC BY-SA 2.5: https:
//commons.wikimedia.org/w/
index.php?curid=2987629
I rizomi, spessi fino ad 1 cm, crescono sia in senso orizzontale (rizomi plagiotropi), sia in senso verticale (rizomi ortotropi). I primi, grazie alla presenza sul lato inferiore di radici lignificate e lunghe fino a 15 cm, ancorano la pianta al substrato mentre i secondi, incrementando l'altezza, hanno la funzione di contrastare l'insabbiamento dovuto alla continua sedimentazione. I due tipi di accrescimento danno luogo alla cosiddetta matte, una formazione a terrazzo costituita dall'intreccio degli strati di rizomi, radici e dal sedimento intrappolato. In questo modo le posidonie colonizzano un ambiente difficilmente utilizzabile dalle alghe a causa della mancanza di radici.
Le foglie nascono dai rizomi ortotropi, sono nastriformi, di colore verde brillante che diventa bruno con il passare del tempo. Raggiungono la lunghezza di circa 1,5 m, sono larghe in media 1 cm e presentano da 13 a 17 nervature parallele. Gli apici sono arrotondati e spesso vengono persi per l'azione del moto ondoso e delle correnti. Sono organizzate in fasci che presentano 6 o 7 foglie, con le più vecchie che si trovano all'esterno e le più giovani all'interno e vengono suddivise in tre categorie:
- Foglie adulte: presentano una lamina con funzione fotosintetica e da una base separata dal lembo fogliare da una struttura concava detta "ligula";
- Foglie intermedie: sono prive della base;
- Fogli giovanili: sono convenzionalmente di lunghezza inferiore ai 50 mm.
In autunno la pianta perde le foglie adulte più esterne, che diventano di colore bruno e sono fotosinteticamente inattive e durante l'inverno vengono prodotte le nuove foglie.
La Posidonia oceanica si riproduce sia sessualmente sia asessualmente per stolonizzazione.
La riproduzione sessuale avviene mediante la produzione di fiori e frutti. I fiori sono ermafroditi e raggruppati in una infiorescenza a forma di spiga, di colore verde e racchiusa tra brattee fiorali. L'asse floreale si attacca al rizoma al centro del fascio. Il gineceo è formato da un ovario uniloculare che continua con uno stilo e termina con lo stigma; l'androceo è costituito da tre stami con antere corte. La fioritura è regolata da fattori ambientali (luce e temperatura) e da fattori endogeni (età e dimensione della pianta) e avviene in settembre - ottobre nelle praterie più vicine alla superficie del mare, mentre è spostata di due mesi nelle praterie più profonde. Il polline all'interno dell'antera è di forma sferica, ma diventa filamentoso appena viene rilasciato in acqua. Non sono presenti meccanismi di riconoscimento tra polline e stigma che prevengano l'autofecondazione. L'impollinazione è idrofila e può portare alla formazione dei frutti, sebbene alcuni abortiscano prima della maturazione che avviene dopo sei mesi. Una volta maturi, i frutti si staccano e galleggiano in superficie. Il frutto, leggermente carnoso e chiamato volgarmente "oliva di mare", è simile ad una drupa e presenta un pericarpo poroso e ricco di una sostanza oleosa che ne permette il galleggiamento. Quando marcisce viene liberato un seme, rivestito da una membrana sottile ma privo di un vero e proprio tegumento, che cade sul fondo e se trova le adatte condizioni di profondità, stabilità e tipo di sedimento germina e dà origine ad una nuova pianta. Affinché la piantina possa attecchire è necessario che trovi un substrato umificato. L'umificazione consiste nella degradazione dei detriti vegetali, quindi la pianta può impiantarsi in "suoli" precedentemente colonizzati da altri vegetali, quali macroalghe o altre fanerogame. Si genera così una vera e propria successione ecologica in cui posidonia rappresenta l'ultimo stadio successionale. La germinazione comincia con l'emissione di una piccola radice bianca dal polo radicale e di una fogliolina dal polo apicale. Con la riproduzione sessuata la pianta colonizza nuove aree, diffonde le praterie in altre zone e garantisce la variabilità genetica. La stolonizzazione, che permette l'espansione delle praterie, avviene invece mediante l'accrescimento dei rizomi plagiotropi, che crescono di ca. 7 cm/anno e colonizzano nuovi spazi. Un alto accumulo di sedimenti e la diminuzione dello spazio a disposizione per la crescita orizzontale, stimola la crescita verticale dei rizomi, formando così la matte.
Schema della posidonia, di Esculapio,
opera personale GFDL: https://
commons.wikimedia.org/w/
index.php?curid=41770765
L'accrescimento verticale dei rizomi porta alla formazione di una struttura chiamata matte, costituita da un intreccio di rizomi morti e radici tra i quali resta intrappolato il sedimento. Solo la parte sommitale di queste strutture è formata da piante vive.
La formazione delle "mattes" dipende in massima parte dai ritmi di sedimentazione; un'alta velocità di sedimentazione può portare ad un eccessivo insabbiamento dei rizomi e quindi al loro soffocamento; al contrario, una sedimentazione troppo lenta può portare allo scalzamento dei rizomi ed alla regressione della prateria. Poiché la velocità di decomposizione dei rizomi è molto lenta essi possono rimanere all'interno della matte anche per millenni. La matte ha un ritmo di crescita molto lento: il suo accrescimento è stato stimato in circa 1 m al secolo.
Questa specie si trova solo nel Mar Mediterraneo e occupa un'area intorno al 3% dell'intero bacino (corrispondente ad una superficie di circa 38.000 km quadrati), rappresentando una specie chiave dell'ecosistema marino costiero. Un segnale inequivocabile dell'esistenza di una prateria di posidonia è la presenza di masse di foglie in decomposizione (dette banquette) sulla spiaggia antistante. Per quanto possano essere fastidiose hanno una notevole rilevanza nella protezione delle spiagge dall'erosione. Secondo la parte IV del Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, "Norme in materia ambientale") le foglie di posidonia spiaggiate sono da considerare rifiuti solidi e devono quindi essere smaltite.
Egagropili, di Ezu, CC BY-SA 2.0,
https://commons.wikimedia.org/
w/index.php?curid=7798152
Questo materiale vegetale può essere utilizzato tramite compostaggio per la produzione di "ammendante compostato verde", in ottemperanza e secondo le prescrizioni del D. Lgs. 29 aprile 2010 n. 75 ("Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell'articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88"). In particolare, il materiale deve essere preventivamente dissabbiato e non deve eccedere il 20% p/p del peso totale della miscela inviata a compostaggio. Sulle spiagge si trovano inoltre, e soprattutto in inverno, delle "palle" marroni formate da fibre di posidonia aggregate dal moto ondoso e dette egagropili.

Schizoporella errata
La schizoporella errata è un animale invertebrato coloniale appartenente al phylum dei briozoi. Vive sui fondi rocciosi da pochi metri fino a circa 50 m di profondità. La colonia di questo animale biocostruttore assume forme diverse in base all’intensità dell’idrodinamismo. Molto abbondante sulla beachrock e sulle dighe artificiali.

Stella cuscinetto, da http://www.foto
wow.it/foto-3698-stella-cuscinetto-
.html
La stella cuscinetto fa parte della specie Asterina Gibbosa e appartiene al genere Asterina, vive in tutto il Mediterraneo nelle praterie di fanerogame e sui fondali rocciosi fino a 20 metri di profondità.

Stella spinosa marrone, di Tato
Grasso, opera propria CC BY-SA 3.0,
https://commons.wikimedia.org/
w/index.php?curid=7415361
La stella marina variabile o stella spinosa minore e marrone (Coscinasterias tenuispina, Lamarck, 1816) è un echinoderma della famiglia degli Asteriidae, comune nel Mar Mediterraneo. Ha una forma irregolare, con braccia in numero variabile da 6 a 12 (di solito 7), di diametro fino a 20-25 centimetri. Il corpo è caratterizzato da spine, di colore variabile bianco, grigio, marrone, rosso e talvolta azzurro. Comune nel Mar Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico orientale, su fondali rocciosi ricchi di alghe o sulla Posidonia oceanica fino a 100 metri di profondità.

Tipi di gamberi
Il nome comune gambero identifica varie specie di crostacei acquatici appartenenti agli ordini dei Decapodi (Astacidea), degli Euphausiacea (krill), degli Stomatopoda e dei Mysida. Il termine generico "gambero" viene utilizzato per indicare sia le specie marine sia quelle d'acqua dolce, come nella famiglia Astacidae. Comunemente vengono chiamati gamberi o "gamberetti" i rappresentanti dei generi Alpheus, Crangon, Heteropenaeus, Palaemon, Parapenaeus, Penaeus e Periclimenes. Sono detti comunemente "gamberi rossi" le due specie marine Aristeus antennatus Aristaeomorpha foliacea, raramente Aristaeopsis edwardsiana. Il corpo dei gamberi è suddiviso in tre parti: capo, torace e addome. Il capo presenta l'antenna, l'antennula, due mascelle e una mandibola. Nel torace sono presenti cinque appendici ambulacrali più tre paia di appendici modificate a massillipedi. Tre paia di questi, muniti di chele, sono utilizzati per il nutrimento. Infine nell'addome sono presenti sei paia di appendici che non hanno funzione ambulacrale, ma rappresentano invece appendici atte al movimento dell'acqua in avanti. In questo modo l'acqua viene spinta in avanti e fatta filtrare nelle branchie che si trovano su una parte delle appendici biramose del torace. L'addome presenta sei segmenti terminanti con il telson. Conducono un'esistenza prevalentemente notturna, cacciano con l'ausilio delle appendici frontali (le chele) e individuano la preda grazie alle antenne che percepiscono le vibrazioni e forniscono un'identificazione della preda. La femmina non può accoppiarsi prima della muta del carapace e generalmente tre volte l'anno. La quantità di uova prodotte varia a seconda dell'età della femmina. Una volta fecondate le uova si trovano sospese sull'addome fino alla schiusa, che varia da qualche settimana a qualche mese in relazione alla temperatura dell'acqua.

Branco di salpe
Sarpa salpa (Linnaeus, 1758), comunemente conosciuta come salpa, è un pesce osseo marino appartenente alla famiglia Sparidae. È l'unica specie del genere Sarpa. Questo pesce si riconosce perché ha dieci strisce dorate lungo i fianchi che spiccano sulla sua colorazione argentea. Una macchiolina scura è presente all'attaccatura delle pinne pettorali. Gli occhi sono dorati. La coda e le pinne sono azzurro verdastre tranne le pinne ventrali che sono trasparenti. Raggiunge una lunghezza di 50 cm e 3 kg di peso ma normalmente non supera i 30 cm per 1 kg. Specie gregaria che forma fitti banchi numerosi e ben disciplinati che si muovono velocemente tra gli scogli, questo pesce ha un nuoto molto potente, che produce una vibrazione che può essere avvertita dai subacquei. È un pesce principalmente erbivoro, apprezza in particolar modo l'alga verde Ulva lactuca o insalata di mare, mentre da giovane si ciba prevalentemente di anellidi, crostacei e altri invertebrati. Ermafrodita proterandrica, la salpa nasce maschio per poi divenire femmina durante la crescita e depone le uova in autunno. Si tratta di una specie strettamente costiera e si può trovare dalla superficie fino (eccezionalmente) a 70 metri di profondità, ma normalmente non supera i 20 metri e si trova anche in acque molto basse. Popola fondali rocciosi con crescita di piante acquatiche e praterie di Posidonia oceanica. La salpa è presente in tutto il Mediterraneo, nonché nell'Atlantico orientale: dal Golfo di Biscaglia fino al Sudafrica.

Sarago fasciato
Il sarago fasciato (Diplodus vulgaris) vive in prossimità della costa su fondali rocciosi fino a circa 130 m di profondità. Sulla beach-rock è comune incontrarlo nelle sue forme giovanili. La taglia massima è di 45 cm mentre è comune tra 18 e 25 cm. Questo pesce, chiamato anche sarago testa nera, si differenzia dalle altre specie di saraghi (maggiore, pizzuto, faraone e sparlo) per la presenza di due bande nere rispettivamente in corrispondenza della testa e della coda. Si trova comunemente vicino agli scogli e sulla beach-rock, soprattutto nelle prime fasi di vita, dove trova rifugio e cibo tra le alghe. Si nutre di invertebrati come echinodermi (ricci di mare e stelle marine), crostacei (granchi, gamberi, anfipodi), molluschi (bivalvi, gasteropodi e cefalopodi) e vermi.

Donzella maschio
La donzella (Coris julis) è un pesce dal corpo affusolato e con una colorazione caratterizzata da un marcato dimorfismo sessuale: le femmine hanno dorso marrone e fianchi giallastri con ventre bianco, mentre i maschi sono verdi/blu, con ventre bianco, e con una banda ondulata arancione vivace sui lati (nella foto un esemplare maschio nuota sulla beach-rock): infatti la colorazione vivace varia con il sesso, l’età e il periodo dell’anno e i maschi hanno la livrea più vistosa. La donzella è comunque un pesce ermafrodita che nelle prime fasi della vita si presenta come femmina per poi subire una inversione sessuale diventando maschio.
Donzella femmina
Vive tra le rocce delle scogliere e si incontra soprattutto in estate, quando si avvicina alla costa e trova cibo e rifugio dai predatori tra le coperture algali della beach-rock o nelle vicine praterie di Posidonia. Il suo tipico habitat è rappresentato infatti da fondali rocciosi o a posidonia ed è strettamente costiero. La sua diffusione batimetrica va da pochi centimetri a (eccezionalmente) 120 metri di profondità. Questo pesce è diffuso nel mar Mediterraneo e nell'oceano Atlantico orientale dalla Manica all'Africa centrale.

Occhiata
L'occhiata (Oblada melanura, Linnaeus, 1758) è un pesce d'acqua salata appartenente alla famiglia degli Sparidi, l'unica specie del genere Oblada, che ha un aspetto assai simile a quello dei saraghi o della salpa: forma ovale e snella con il corpo molto schiacciato, occhi grandi e bocca disposta all'insù, con mandibola leggermente sporgente e dotata di acuminata dentatura. La livrea è grigio-azzurra, con vivaci riflessi argentei, più scura sul dorso e più chiara sui fianchi, che sono percorsi da numerose linee scure orizzontali. Sul peduncolo caudale è visibile una grossa macchia nera bordata di bianco. La pinna caudale è forcuta. Può raggiungere una lunghezza di circa 25-30 cm ed un peso dai 700 gr. a 1 kg. È una specie gregaria e forma banchi anche molto grandi ed è onnivora, nutrendosi prevalentemente di invertebrati, avannotti e alghe. Si riproduce da aprile a giugno, i piccoli sono riconoscibili per la caratteristica macchia nera bordata di bianco già dalle dimensioni di 10 mm. Si tratta di una specie soggetta a cambiamento del sesso, alcuni individui però sono ermafrodita. Vive nei pressi di coste rocciose ed è una specie demersale, che si tiene sempre in acque libere anche se molto vicine alla riva. È diffusa nelle acque costiere (fino a 40 m di profondità) del Mediterraneo e dell'Oceano Atlantico orientale (dal Golfo di Biscaglia fino alle coste dell'Angola). Abita anche le coste di Madera, Capo Verde e delle Canarie e di parte del Mar Nero.

Perchia
La perchia (Serranus cabrilla) è un pesce territoriale che abita tra gli anfratti e le spaccature della spiaggia-fossile e fra gli scogli. Ha un corpo allungato, muso sporgente, labbra carnose e grandi occhi. La livrea è caratterizzata da un fondo bruno chiaro, striato verticalmente da 7-8 grosse fasce brune irregolari e orizzontalmente da 1-3 linee regolari biancastre. Raggiunge dimensioni meno importanti rispetto alla cernia bruna (sua stretta partente), massimo 40 cm di lunghezza. E' un pesce territoriale, dalle abitudini solitarie ed è strettamente diurno, la notte si rifugia sul fondale dove assume una livrea più chiara. Si nutre di pesci, cefalopodi e crostacei e a dispetto delle piccole dimensioni, si tratta di un predatore assai aggressivo, che non esita ad attaccare anche prede di taglia poco inferiore alla sua. La riproduzione avviene in primavera e all'inizio dell'estate. Vive sui fondali rocciosi e sulle praterie di Posidonia oceanica. In acque profonde può popolare anche fondi sabbiosi o fangosi. Di solito è un pesce strettamente costiero ma si può incontrare fino a 500 metri di profondità. La perchia è diffusa lungo la fascia costiera dell'Oceano Atlantico orientale, dalla Manica al Capo di Buona Speranza, comprese le Isole Azzorre, Madera e Canarie. È molto comune nel Mediterraneo ed è presente nel Mar Nero.

Marmora, di Roberto Pillon, CC BY
3.0, https://commons.wikimedia.
org/w/index.php?curid=20841851
Lithognathus mormyrus (Linnaeus, 1758), conosciuto comunemente come marmora o mormora, è un pesce osseo marino appartenente alla famiglia Sparidae. La mormora è conosciuta, nelle varie regioni italiane, con nomi dialettali diversi: in Liguria Pagai, Mormua, Murmua; in Calabria Gaiulu, Ajula; in Campania Marmolo, Mirmora; nel Lazio Marmarozza; in Puglia Cascioli, Vosciele, Guscio; in Sardegna Murmungioni e in Sicilia Gaiulu, Ajula. Similmente alla maggioranza degli altri Sparidae, la mormora ha corpo alto e compresso lateralmente. In questa specie la forma del corpo è ovale, relativamente affusolata ed è caratteristico il muso piuttosto allungato e appuntito, con profilo frontale quasi dritto. I denti, disposti in più file, sono conici e di piccole dimensioni nella parte anteriore delle mascelle e molariformi nella parte posteriore. La pinna dorsale, unica come in tutti gli sparidi, è relativamente bassa, così come la pinna anale, che è piuttosto corta. Pinne pettorali e pinne ventrali di piccole dimensioni relativamente agli altri membri della famiglia. La colorazione è caratteristica: argentea con tonalità metalliche dorate con da 10 a 13 sottili fasce verticali sui fianchi. Spesso le fasce sono alternate: una lunga e scura e una più breve e meno definita. La sua taglia massima è di 55 cm, ma la taglia comune degli esemplari adulti è di circa 30 cm. Vive fino a 12 anni, i giovani sono gregari e formano banchi di solito di piccole dimensioni ma talvolta anche numerosi e gli adulti sono più solitari. Si riproduce all'inizio dell'estate, è un ermafrodita proterandrico come l'orata (nasce cioè maschio per poi subire l'inversione sessuale e divenire quindi femmina), anche se un certo numero di individui nasce di sesso femminile e tale rimane per tutta la vita (femmine primarie). Si nutre di vermi marini, molluschi e crostacei, che trova nella sabbia. È una specie tipica di fondi sabbiosi costieri a basse profondità, normalmente non oltre i 20 metri ma eccezionalmente fino a 150. I giovani possono trovarsi in acque molto basse. Può incontrarsi nelle vicinanze di praterie di Posidonia oceanica o di rocce. È leggermente eurialina e può occasionalmente penetrare nelle acque salmastre. Le sue carni sono ottime, fra le migliori di tutti i pesci mediterranei. Questa specie, comune nel Mediterraneo e nei mari italiani, è diffusa nell'Oceano Atlantico orientale, dal golfo di Biscaglia fino al Capo di Buona Speranza e nelle isole dell'Atlantico orientale come Canarie, Madera e Capo Verde. È inoltre diffusa nel Mar Mediterraneo, nel Mar Nero, nel mar d'Azov, nell'Oceano Indiano occidentale dal Mozambico al Capo di Buona Speranza e nel Mar Rosso.

Cefalo dorato, di https://commons.
wikimedia.org/w/index.php?curid=
8045345
Il cefalo dorato o lotregano (Liza aurata, Risso, 1810) è un pesce della famiglia Mugilidae, molto simile a Mugil cephalus (cefalo comune) ma ha una testa più piccola e stretta, il labbro superiore sottile e una larga macchia dorata molto evidente sull'opercolo. È piuttosto difficile da riconoscere fra le tre specie europee appartenenti al genere Liza, ma questa forse è la più facile da identificare a causa della macchia dorata sull'opercolo, sempre ben visibile e spesso accompagnata da un'altra macchia più piccola più vicino all'occhio. Inoltre, contrariamente ad altre specie del genere, è assente la macchia nera all'ascella delle pinne pettorali. Si nutre sul fondo aspirando sedimenti e alghe incrostanti dal fondo e dagli scogli, di detrito e di piccoli invertebrati bentonici. Molti credono che le sue carni siano più pregiate di quelle degli altri cefali ma questo non risponde a verità se non per il fatto che, date le sue abitudini marine, le sue carni difficilmente hanno sapore di fango. Il suo habitat è lungo le coste rocciose e nelle lagune e le foci, come gli altri cefali, evita però le acque a salinità troppo bassa. Il suo areale comprende tutto il mar Mediterraneo, i mari Nero e d'Azov e le coste europee ed africane atlantiche tra il sud della Norvegia e le isole del Capo Verde.

Bavosa Meiacanthus grammistes, di
Nhobgood, opera propria CC BY-SA
3.0, https://commons.wikimedia.
org/w/index.php?curid=5616656
I Blenniidae sono una famiglia di pesci ossei principalmente marini appartenenti all'ordine Perciformes, comunemente noti in italiano come bavose. I Blenniidae hanno corpo allungato e muso arrotondato o tronco, con fronte quasi verticale. Caratteristici della famiglia sono le creste e i lobi cutanei disposti sulla testa (tentacoli nasali, sopraorbitali e nucali), che rivestono grande importanza per la tassonomia di generi e specie. Gli occhi sono vicini al profilo dorsale del capo, spesso sporgenti. Il corpo è privo di scaglie ma è coperto di un muco viscido. I denti sono numerosi, robusti e di solito piccoli anche se alcune specie hanno grosse zanne caniniformi che. In alcune specie del genere Meiacanthus queste zanne sono scanalate e collegate a ghiandole velenifere.
Bavosa Salaria pavo maschio, di
Roberto Pillon, CC BY 3.0, https://
commons.wikimedia.org/w/index.
php?curid=25876667
La vescica natatoria non è mai presente negli adulti. La linea laterale può essere completa o arrestarsi poco oltre la testa. I raggi spiniformi e molli delle pinne non sono facilmente distinguibili perché i primi sono morbidi e i secondi non sono mai divisi. La pinna dorsale è lunga, composta per metà da raggi spinosi morbidi e metà da raggi molli; di solito è di altezza omogenea ma in alcune specie può avere un'incisione mediana e le due parti possono essere di altezza e forma diverse. La pinna anale è lunga, ha due raggi spinosi e altezza uniforme. La pinna caudale non è mai biloba. Le pinne ventrali sono inserite in posizione giugulare, sono ridotte con un raggio spinoso brevissimo e da 1 a 3 raggi molli; in due generi sono assenti. Le pinne pettorali sono ampie. La colorazione è altamente variabile anche nell'arco di pochi minuti in seguito a cambiamenti delle condizioni ambientali o dello stato d'animo dell'animale. Molte specie hanno colorazione mimetica, altre hanno colori vivacissimi. Le dimensioni sono in genere inferiori a 15 cm, anche se Xiphasia setifer raggiunge i 53 cm. In genere sono onnivori e si cibano di alghe e di invertebrati, poche specie sono planctofaghe, mentre alcuni Blenniidae si cibano di scaglie e pezzi di pelle di altri pesci.
Bavosa Blennius ocellaris, di
Etrusko25, opera propria CC BY-SA
3.0, https://commons.wikimedia.
org/w/index.php?curid=9083823
Per avvicinarsi a pesci di grossa taglia potenzialmente pericolosi, la specie Aspidontus taeniatus imita il labride pulitore Labroides dimidiatus non solo nell'aspetto e nella livrea ma perfino nel modo caratteristico di nuotare. Le bavose sono ovipare, a fecondazione esterna, con uova adesive deposte in un nido. Il nido è formato da un buco nella roccia o nel sedimento, oppure in una valva di mollusco bivalve. Le uova vengono sorvegliate dal maschio o da entrambi i genitori. Le larve sono pelagiche e spesso si trovano in acque basse costiere. In molte specie il dimorfismo sessuale è evidente. Spesso le specie sono di difficile riconoscimento e non hanno nessuna importanza per la pesca. Sono diffusi pressoché in tutti i mari del mondo con l'eccezione di quelli polari ma sono particolarmente diffusi in quelli tropicali e subtropicali.
Bavosa Paralipophrys trigloides,
fotografata in Toscana, foto di
Stefano Guerrieri.
Sono comuni con molte specie (molte delle quali endemiche) nel mar Mediterraneo. In generale l'endemismo è comune tra i blennidi a causa delle limitate capacità di dispersione di questi pesci. Poche specie (tra cui Salaria fluviatilis) si sono adattate alla vita nelle acque dolci, poche altre si possono trovare in acqua salmastra. Le specie marine sono quasi invariabilmente costiere, frequenti su fondi duri, barriere coralline, foreste di mangrovie e nei pressi delle foci dei fiumi, sempre in acque basse, anche del piano mesolitorale. Alcune specie possono uscire dall'acqua e sostare sugli scogli emersi per qualche tempo. Tutti i Blenniidae sono strettamente bentonici. Il bentos è la categoria ecologica che comprende gli organismi acquatici, sia d'acqua dolce sia marini, che vivono in stretto contatto con il fondo o fissati ad un substrato solido.

Sarago maggiore
Il sarago maggiore (Diplodus sargus sargus, Linnaeus, 1758) è un pesce di mare appartenente alla famiglia degli Sparidi. Presenta un corpo alto e schiacciato lateralmente come avviene negli altri saraghi. La bocca è abbastanza piccola armata di denti incisiviformi. Le pinne pettorali sono ampie e appuntite, le pinne ventrali sono nere con una fascia chiara al centro. Tutte le pinne impari sono bordate di nero, la pinna caudale ha un bordo nero molto più ampio.
Il colore è complessivamente argenteo, con 5 linee verticali nere (più vistose nei piccoli esemplari) alternate con 4 grigio scuro, più una macchia nera sulla parte del corpo posteriore, appena prima della pinna caudale, che non si estende al margine inferiore del peduncolo caudale.
Tipi di sarago da https://www
.ligurianautica.com/rubriche
/pesci-del-mar-ligure-sarago/
Nel periodo riproduttivo la parte superiore del muso diventa azzurrognola. Raggiunge una lunghezza massima di 45 cm. per 2 kg di peso e vive fino a 10 anni. È una specie gregaria da giovane mentre diviene solitaria da adulta. Si nutre di crostacei ed altri invertebrati bentonici ma da giovane, anche di alghe. Predilige particolarmente il riccio Paracentrotus lividus, di cui è il principale predatore, ma solo quando raggiunge la maggiore taglia con relativo sviluppo della dentatura, che gli permette di rompere il guscio anche se provvisto di aculei. Si riproduce nei mesi di gennaio-marzo nel Mediterraneo orientale e più tardi, in primavera, in quello occidentale. Questa specie è diffusa nel Mediterraneo (rara nel mar Nero) e nell'Oceano Atlantico orientale a nord fino al golfo di Guascogna. Nei mari italiani è molto comune. È una specie abbastanza versatile riguardo all'habitat. Si può infatti trovare su fondi duri, sabbiosi, a Posidonia oceanica e perfino all'interno delle lagune in cui la salinità non sia troppo bassa. L'ambiente preferito è comunque rappresentato dagli scogli coperti di densa vegetazione. È una specie strettamente costiera.

Grongo, foto di Roberto Pillon.
Conger conger, conosciuto comunemente come grongo, è un pesce osseo di mare appartenente alla famiglia Congridae. Ha l'aspetto tipico degli Anguilliformi con pinne dorsale, caudale ed anale unite simili a quelle di un'anguilla. Presenta una pelle liscia e senza scaglie. Gli occhi sono abbastanza piccoli e sono separati da un ampio spazio piatto. Muso allungato, bocca ampia (raggiunge il centro dell'occhio), dotata di due file di denti, con labbra grandi. La mascella è sporgente sulla mandibola. La pinna dorsale ha il suo inizio all'altezza dell'apice delle pinne pettorali. Le narici anteriori sono poste sulla cima di tentacoli che si trovano all'apice del muso. Il colore è variabile, da beige a quasi nero (gli esemplari che vivono su fondi duri sono di solito più scuri) con ventre bianco. Una fila di macchiette bianche è allineata lungo la linea laterale. La pinna impari è bordata di nero. Questo pesce può raggiungere dimensioni gigantesche: fino a tre metri per 70 chilogrammi con un diametro del corpo pari a oltre 20 centimetri ma di solito non misura più di un metro. Le femmine sono molto più grandi dei maschi. Il grongo ha abitudini simili alla murena: vive negli anfratti rocciosi dai quali esce di notte per cacciare. Una volta insediatosi in una tana è raro che si allontani da essa. È il tipico abitatore dei relitti posati su fondali sabbiosi o fangosi.
Grongo nascosto
Gli esemplari che vivono in ambienti sabbiosi privi di tane si infossano nel sedimento durante il giorno. Esclusivamente carnivoro, si ciba di invertebrati bentonici (è un grande cacciatore di polpi) e di pesci, inoltre non disdegna i pesci morti. La riproduzione avviene in estate. Pare che i gronghi si riproducano solamente in luoghi ben precisi (uno di questi è stato identificato in Sardegna, un altro tra Gibilterra e le Isole Azzorre), a profondità superiori ai 500 metri. Le larve sono leptocefali. Molto comune nei mari italiani, si incontra da profondità minime di pochi centimetri fino a 300 metri. Sono stati catturati esemplari anche ad oltre 1.100 metri. Frequente tra gli scogli e nei relitti, si può incontrare spesso anche su fondi mobili. Diffuso nell'Oceano Atlantico, dalla Norvegia al Senegal, nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero occidentale.

DA 4 A 8 METRI DI PROFONDITA' si possono vedere: Cetriolo di mare, Attinie fra cui Anemone dorato, Anemone verde, Cerianthus, Madrepora cuscino e polipo corallo. Inoltre Polpo (vedi sopra), Seppia, Murena, Sogliola, Triglia di scoglio, Branzino e Orata.

Cetriolo di mare
Gli oloturoidei o oloturie (Holothuroidea, de Blainville 1834), comunemente noti come cetrioli di mare o cetrioli marini, sono una classe di Echinodermi diffusi sui fondali marini di tutto il mondo e caratterizzati da un corpo cilindrico allungato con bocca e ano situati alle estremità opposte. Il nome comune di questi organismi bentonici deriva dalla loro morfologia simile all'ortaggio. Gli oloturoidei sono animali a simmetria bilaterale, ma conservano un ricordo della simmetria pentaraggiata tipica del phylum: infatti presentano cinque file longitudinali di pedicelli ambulacrali, di cui due dorsali (bivio) e tre ventrali (trivio), queste ultime deputate alla locomozione; inoltre contribuiscono al movimento anche le contrazioni di muscoli circolari e longitudinali. La bocca porta dei tentacoli con funzione alimentare, derivati da pedicelli ambulacrali modificati. L'endoscheletro è ridotto a spicole calcaree immerse nel derma e di conseguenza il corpo ha consistenza elastica. Il madreporite non comunica con l'esterno, ma è interno, nel celoma. Possiedono inoltre grandi capacità rigenerative: sono infatti in grado di eviscerare, cioè espellere il lungo intestino, i polmoni acquiferi e l'unica gonade, per distrarre un eventuale predatore e facilitare la fuga, salvo poi rigenerare gli organi in breve tempo. Possono emettere dalla cloaca dei lunghi filamenti appiccicosi con funzione difensiva, detti tubi di Cuvier, con cui invischiano i predatori. Quasi tutte le oloturie sono bentoniche: ciò significa che vivono posate sul o nel fondo marino. Alcune sono sessili, ciò che significa che vivono fissate al substrato, dove si nutrono filtrando l'acqua: è il caso di numerose Dendrochirotida, tuttavia la maggior parte rimangono capaci di spostarsi in caso di minaccia o di sradicamento. All'inverso, i cetrioli di mare capaci di spostarsi, e lo fanno lentamente sul fondo, come bruchi. Le oloturie vivono dalle zone litoranee fino alle più grandi profondità degli oceani. Nascoste nella sabbia melmosa o negli anfratti delle rocce, strisciano sul fondo tra le alghe. Le oloturie sono il gruppo di detritivori più importante delle faune delle scogliere ed abissali. Possono formare delle popolazioni molto numerose, particolarmente in profondità: costituiscono la metà delle forme viventi a 4.000 metri ed il 90% a 8.000 metri. Le oloturie sono gli echinodermi meglio adattati a profondità estreme, e sono ancora molto diversificate aldilà dei 5.000 metri di profondità: parecchie specie della famiglia degli Elpidiidae si ritrovano a più di 9.500 metri, ed il record sembra detenuto dalle specie del genere Myriotrochus, particolarmente Myriotrochus bruuni, famiglia delle Myriotrochidae, identificate fino a 10.687 metri di profondità.

Attinie, gli anemoni di mare, tavola di Giacomo Merculiano
(1859-1935) https://commons.wiki
media.org/w/index.php?curid=11535111
Le attinie (Actiniaria), chiamate genericamente polipi, sono anemoni di mare, un ordine di Cnidari antozoi sessili della sottoclasse degli Esacoralli. Un rappresentante molto noto di questo ordine è Actinia equina (comunemente nota come pomodoro di mare), che popola la zona intertidale, fino a pochi metri di profondità. Sono forme a polipo solitarie, talora di dimensioni consistenti, con una estrema varietà di forme e colorazioni. Il corpo, grossolanamente cilindrico, ha una struttura molto semplice: consiste infatti di uno strato epiteliale esterno, detto ectoderma o epiderma, e di uno interno, detto endoderma o gastroderma. All'estremità superiore del corpo si trova il disco orale, piatto e a simmetria raggiata. 
Ceriantharia, di www.tiermotive.de
CC BY-SA 1.0, https://commons
.wikimedia.org/w/index.php?
curid=354682
La bocca è circondata da una o due corone di tentacoli, affusolati, provvisti di nematocisti. Il corpo poggia su un disco pedale, che consente lenti movimenti per strisciamento. Sono in gran parte animali bentonici (categoria ecologica che comprende gli organismi acquatici, sia d'acqua dolce sia marini, che vivono in stretto contatto con il fondo o fissati ad un substrato solido); sono presenti anche alcune specie pelagiche, dotate di camera all'interno del disco pedale che permette loro di spostarsi verticalmente nell'acqua. Si cibano di invertebrati e piccoli pesci che catturano con i tentacoli dotati di nematocisti. 
La riproduzione è sia sessuata tramite uova che per scissione. Le attinie contraggono frequentemente rapporti di mutualismo o commensalismo con altri organismi animali quali pesci (tipico esempio i pesci pagliaccio della sottofamiglia Amphiprioninae), crostacei (p.es. il granchio porcellana) o gamberetti (p. es. i gamberetti pulitori della famiglia Palaemonidae). Tutti questi organismi, immuni alle punture urticanti delle nematocisti, trovano ospitalità e protezione tra i tentacoli delle attinie e, almeno in alcuni casi, ricambiano l'ospitalità ripulendo l'anemone dai detriti organici e dai parassiti.
Anemone dorato, di Esculapio, opera
propria, CC BY-SA 3.0, https://
commons.wikimedia.org
/w/index.php?curid=11187074
L'attinia di sabbia o attinia di rena o anemone di sabbia (Condylactis aurantiaca Delle Chiaje, 1825) è un anemone di mare, comunemente chiamato anemone dorato, appartenente alla famiglia Actiniidae. La colorazione è variabile in base alla profondità e dipende dalla presenza di zooxantelle simbionti: più scura in superficie e più chiara in profondità. Si ciba sia di piccoli organismi vivi che di animali morti. È caratteristica la simbiosi con gamberetti del genere Periclimenes (Periclimenes sagittifer) che vivono tra i suoi tentacoli cibandosi dei suoi avanzi.
Anemone verde
La specie è sia ovipara sia ovovivipara, vive su fondali mobili, sabbiosi o detritici, da pochi metri sino a 80 metri di profondità ed è una specie bentonica, endemica del Mar Mediterraneo.
L'anemone verde (Anemonia Viridis) è un'attinia, un animale solitario privo di scheletro calcareo, dotato di numerosi tentacoli (circa 200) disposti in cerchi concentrici sovrapposti. Grazie ad un robusto disco pedale aderisce al fondale. I tentacoli hanno una colorazione variabile dal giallo al verde bruno con l’estremità di color violetto e sono provvisti di forte potere urticante. La colorazione è dovuta alla simbiosi con microscopiche alghe (zooxantelle) che vivono negli strati superficiali del tegumento. Spesso, tra i suoi tentacoli, si possono osservare crostacei e piccoli pesci.
Cerianthus
Cerianthus è un genere di celenterati antozoi della famiglia Cerianthidae.
Madrepora cuscino, 
La madrepora cuscino (Cladocora caespitosa, Linnaeus, 1758), conosciuta comunemente anche come madrepora pagnotta per la tipica forma delle sue colonie, è una madrepora della classe Hexacorallia. È polipo di colore granata chiaro, di circa 5 millimetri di diametro che forma colonie a forma di cuscino, in simbiosi con le alghe Zooxanthella. Produce depositi di carbonato di calcio con cui forma le teche calcaree in cui vive.
Polipo corallo, una madrepora, di
Nick Hobgood, opera propria, da
Il polipo corallo è la madrepora più grande del Mar Mediterraneo, e raggiunge anche i 50 centimetri di diametro. Le colonie si accrescono per gemmazione, ma la specie si diffonde tramite l'insediamento delle larve planctoniche sui substrati più adatti alla colonizzazione. Comune su fondali rocciosi, da pochi metri fino a 60 metri di profondità, è una specie endemica del mar Mediterraneo, dove è segnalata già dal Pliocene superiore. Nel lago marino Veliko Jezero, all'interno della riserva naturale dell'isola di Mèleda in Croazia, è segnalata la presenza di una piccola barriera corallina costituita da Cladocora caespitosa. Si tratta dell'unico vero caso di reef corallino presente nel Mediterraneo.

Seppia
La seppia (Sepiidae, Leach, 1817) è un mollusco cefalopode marino diffusa in ogni mare od oceano del globo. Presenta 8 tentacoli di pari lunghezza e due lunghe appendici retrattili dotate di ventose denticolate, adibite alla difesa e spesso alla riproduzione. L'animale presenta anche occhi sporgenti con una pupilla molto sviluppata e a forma di W. Le specie di dimensioni maggiori non superano i 50 cm, la specie più grande è la sepia apama. Le seppie possiedono una spiccata capacità mimetica e possono cambiare il proprio colore a seconda del fondale in cui si trovano in pochi istanti. Presentano una conchiglia interna, detta osso di seppia e una sacca per l'inchiostro, che viene espulso quando si sente minacciata. Possono raggiungere i 12 kg di peso, si nutrono di granchi, piccoli pesci, gamberetti, vermi acquatici, piccoli polpi e altri molluschi. Vengono generalmente predate da delfini, squali, grandi pesci, foche e altre seppie. Durante la riproduzione, se il maschio della seppia viene rifiutato o allontanato da altri maschi dominanti, esso tende ad accoppiarsi comunque assumendo la stessa colorazione della femmina, avvicinando quindi le stesse femmine senza destare sospetti nei maschi dominanti per fecondarle a sorpresa. Per riprodursi depone grappoli di uova.

Murena, da http://www.agraria.org/
pesci/cucina_murena.htm
La murena (Muraena helena, Linnaeus, 1758) è un pesce osseo marino appartenente alla famiglia Muraenidae. Come tutti gli anguilliformi la murena presenta corpo serpentiforme e pinna dorsale, caudale e anale unite in una pinna mediana continua. Il corpo è piuttosto massiccio e relativamente compresso ai lati per tutta la sua lunghezza e la sezione del corpo è ovale e non rotondeggiante come, ad esempio, nell'anguilla. Gli occhi sono abbastanza piccoli, la bocca è molto ampia e armata di denti lunghi e appuntiti rivolti all'indietro. La narice posteriore è dotata di un tubulo ed è situata davanti all'occhio. L'apertura branchiale è piccola, rotondeggiante, situata appena dietro la testa. La pinna dorsale inizia subito dietro agli occhi e la pinna anale ha la sua origine leggermente più indietro della metà del corpo. In questa specie sono assenti le pinne ventrali (come in tutti gli anguilliformi) e le pinne pettorali. Manca inoltre la lingua. La pelle è viscida e priva di scaglie visibili. Il colore di fondo è bruno scuro o quasi nero completamente cosparso di macchie giallastre di forma, numero e dimensioni estremamente variabili. La taglia massima è di 150 cm ma la misura più comune è di circa 80 cm. È un pesce notturno e territoriale che trascorre le ore di luce nascosto in tana, si nutre di pesci, crostacei e molluschi, soprattutto cefalopodi. Caccia di notte serpeggiando tra gli scogli e ricercando le prede con l'olfatto, che è molto sviluppato. La riproduzione avviene in estate e la larva è un leptocefalo. Popola fondali scogliosi o corallini privi di sedimentazione e ricchi di anfratti a profondità tra 5 e 50 metri. Gli individui giovanili si trovano spesso in acque bassissime. È diffusa nel Mar Mediterraneo e nei mari italiani eccetto che nel nord del mar Adriatico, nell'Atlantico orientale dal sud dell'Inghilterra fino al Senegal, comprendendo le zone costiere di Azzorre, Madera, Isole Canarie, e Capo Verde. Circolano sul conto di questo animale, dall'aspetto inquietante, alcune leggende sinistre e del tutto irreali, come ad esempio che nell'Antica Roma, dove le murene erano tra i pesci più apprezzati, i vivai di questi pesci venissero alimentati con carne umana.

Sogliola
Con il nome comune sogliola si indicano alcune specie di pesci d'acqua salata appartenenti alla famiglia dei Soleidi e dei Pleuronectidi, pesci la cui evoluzione li ha portati alla postura sdraiata su un fianco, con uno dei due occhi che è migrato a fianco dell'altro, sul lato rivolto verso la superficie dell'acqua. Anche la colorazione ha seguito quest'evoluzione, per cui il lato rivolto verso il fondo è bianco, quello verso l'alto è bruno, marezzato, mimetico e spesso camaleontico: le sogliole riescono infatti a cambiare colore per imitare l'ambiente circostante grazie ai cromatofori, cellule con pigmenti colorati dell'epidermide. La sogliola abita solitamente i fondali marini fangosi, dalle coste più basse fino a profondità di oltre 50 m. Si nutre di invertebrati, in particolare di crostacei, vermi ed altri molluschi.

Triglia di scoglio adulta
Mullus surmuletus, Linnaeus, 1758, conosciuto comunemente come triglia di scoglio, è un pesce osseo marino appartenente alla famiglia Mullidae. Presenta un corpo piuttosto allungato, con una bocca piccola che può protrarre e dalla estremità si diramano due appendici (barbigli), che sono utilizzate per cercare cibo sui fondali e possono inoltre venir nascoste in un solco sulla mandibola durante il riposo. Gli occhi si trovano vicini al bordo superiore della testa, il quale può essere più o meno acuminato. Molto tipiche sono due grosse squame presenti nella parte posteriore della mandibola proprio sotto gli occhi. Altra caratteristica tipica sono i denti che si trovano solo nella parte inferiore della bocca, cioè la mandibola. Le sue pinne dorsali sono separate ed in quella anteriore vi sono alcune fasce longitudinali di colore scuro. La triglia ha molte sfumature di colore: ha il dorso bruno-rossastro, i fianchi sono di un color rosa arancio e biancastro con tre o quattro strisce orizzontali giallo-dorate, il ventre è generalmente rosa. La triglia di fango è molto simile (anche se vive in ambienti completamente diversi), si può distinguere per il profilo del muso ripido, la prima pinna dorsale incolore, la colorazione meno ricca di colori e la presenza di tre scaglie sulle guance (nella triglia di scoglio sono due). La triglia di scoglio arriva ad una lunghezza compresa tra 20 e 25 cm anche se le femmine sono di dimensioni superiori rispetto ai maschi. Gli adulti di Mullus surmuletus sono gregari e si muovono in branchetti, cercando continuamente il cibo sul fondo per mezzo dei barbigli. Il periodo riproduttivo avviene tra aprile e agosto.
Triglie di scoglio giovanili, di
Nanosanchez,, opera propria, https://
commons.wikimedia.org/w/index.php?
curid=7601023
 
Le femmine ed i maschi raggiungono la maturità sessuale a circa un anno dalla nascita, quando misurano all'incirca 14 cm. Le uova hanno forma sferica ed un diametro 1 mm circa, possono inoltre galleggiare grazie ad una goccia oleosa che le avvolge. Le larve fanno vita pelagica fino alla lunghezza di 4 - 5 cm, quando raggiungono quella lunghezza compaiono i barbigli, il corpo si fa più tozzo e la colorazione passa dall'azzurro argenteo del giovanile al rossastro dell'adulto. In seguito a questa metamorfosi i pesciolini abbandonano la vita pelagica e si spostano sui fondali. La triglia di scoglio si ciba, quando è giovane, di piccoli crostacei planctonici, da adulta si ciba di piccoli organismi bentonici come molluschi, policheti, crostacei, echinodermi e anche piccoli pesci. Popola fondali rocciosi e anche sabbiosi o coperti da vegetali ma nelle vicinanze comunque di substrati duri, sempre a basse profondità e i giovanili vivono in mare aperto. La temperatura nei luoghi da essa popolati è intorno a 17-21 °C, non oltre ai 24-25 °C. La triglia di scoglio è diffusa nell'Atlantico orientale dalla Norvegia (è rara a nord della Manica) al Senegal, nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero.

Branzino
Dicentrarchus labrax (Linnaeus, 1758), noto comunemente come  branzino (prevalentemente nell'Italia settentrionale) e spigola  (nell'Italia peninsulare e insulare) è un pesce osseo marino e d'acqua salmastra della famiglia Moronidae. Il branzino è conosciuto, nelle varie regioni italiane, con nomi dialettali diversi: in Liguria Branzino, Gingareo, Loasso, Luvo, Louvasso; in Campania Spinola; nel Lazio Lupasso; in Puglia Regnetta, Spinodda, Spinotta; in Sardegna Arranassa, Arrangiola, Arranzolu, Spirrittu, in Sicilia Lupu de mari, Buracciola, Burascia, Boraggia, Serra, Percea, Spinotta: in Toscana Spinola, Ragno; in Veneto Baicolo, Varolo, Variolo, Ragnioi; in Venezia Giulia Vanino, Spigola bianca, Bavoso, Branginel. Il branzino ha un corpo piuttosto affusolato, scarsamente compresso sui lati, la testa è allungata (da 5 a 6 volte il diametro dell'occhio) ed è caratteristica per avere la fronte dritta. La bocca è grande, può allungarsi leggermente a tubo quando aperta, e raggiunge l'occhio, che è abbastanza piccolo. La mandibola è leggermente sporgente sulla mascella. Le pinne dorsali sono due, separate da uno spazio; la prima dorsale è formata da 8-10 raggi spinosi, la seconda da 12-13 raggi molli. La pinna anale è leggermente più corta della seconda dorsale, ha 3 raggi spinosi e 10-12 raggi molli. La pinna caudale è biloba ma non profondamente incisa. Ha scaglie abbastanza piccole ma evidenti e sono presenti anche sulla testa, così come è evidente la linea laterale. Il preopercolo è dentellato sul bordo ed ha dentelli più grandi sulla parte inferiore, sull'opercolo sono presenti due grosse spine rivolte in avanti. La colorazione è argentea sui fianchi con ventre bianco e dorso grigio argenteo talvolta con riflessi dorati, verdastri o bluastri. Una macchia nera, non sempre evidente soprattutto nei grandi esemplari, è presente nella parte superiore del bordo dell'opercolo. I giovanili fino ai 10 - 15 cm. di lunghezza hanno i fianchi punteggiati di scuro, carattere mai presente nell'adulto (a differenza che nell'affine spigola maculata). Mediamente misura attorno a 50 cm. ma può arrivare a 103 cm. e il peso massimo noto è di 12 kg. Mentre la sua longevità massima nota è di 30 anni. I giovanili sono gregari mentre gli adulti fanno vita solitaria o a coppie. Pare essere una specie poco propensa alle migrazioni, e occupa un territorio di caccia definito per lunghi periodi. Molto curioso, spesso si avvicina ai subacquei. Caccia soprattutto di notte, si nutre di invertebrati di vario genere come crostacei, molluschi e pesci. I giovanili catturano prevalentemente invertebrati, gli adulti si nutrono quasi esclusivamente di altri pesci come anguille e latterini. Nel mar Mediterraneo la deposizione delle uova avviene in inverno, nei mari più nordici in primavera. La riproduzione avviene in gruppi, una volta all'anno per ogni individuo. Le uova sono pelagiche, galleggiano grazie a una goccia d'olio. La maturità sessuale avviene tra 2 e 4 anni nel Mediterraneo e tra 4 e 7 anni (maschi) o tra 5 e 8 anni (femmine) nell'Atlantico temperato freddo. Le uova schiudono all'incirca in tre giorni e lo sviluppo larvale dura circa 40 giorni. Il branzino è diffuso nell'Atlantico nordorientale temperato e subtropicale dalla Norvegia al Senegal, nel mar Mediterraneo, dove è comune, e nel mar Nero. Non è presente nel mar Bianco, nel mare di Barents, nel mar Baltico e nel mar Caspio. Nella parte nord dell'areale migra verso acque più profonde in inverno. È una specie strettamente costiera (occasionalmente può trovarsi fino a un centinaio di metri di profondità) che popola ambienti di ogni tipo nei pressi della riva, sia con fondali duri che sabbiosi. Essendo molto eurialina penetra regolarmente, soprattutto in estate, nelle acque salmastre di lagune e foci. Può raggiungere non di rado le acque completamente dolci. Ha abitudini demersali, i giovanili stazionano prevalententemente in acque salmastre. Il branzino, o spigola, è una delle specie ittiche più pregiate e raggiunge prezzi molto alti sui mercati nonostante il fatto che si cibi, nelle coste urbanizzate, di topi, ratti e quant'altro si trovi vicino agli scarichi in mare: è per questa sua abitudine che è chiamato in molti dialetti lupo (in ligure Luvo), o lupaccio (in ligure Loasso, Louvasso) e la gente di mare non lo mangia volentieri.

Orata
L'orata (Sparus aurata, Linnaeus, 1758) è un pesce osseo di mare e di acque salmastre, appartenente alla famiglia Sparidae. Il suo nome deriva dalla caratteristica striscia di color oro che mostra fra gli occhi e si distingue per avere il profilo del capo assai convesso e la mandibola leggermente più breve della mascella superiore. Sulla parte anteriore di ciascuna mascella sono presenti 4-6 grossi denti caniniformi, seguiti da 3-5 serie di denti molariformi superiori e 3-4 inferiori. Il corpo è ovale elevato e depresso. La pinna dorsale è unica con 11 raggi spinosi e 12-13 molli. Sono assenti le scaglie sul muso, sul preorbitale e sull'interorbitale. La linea laterale include 75-85 squame. Il dorso è grigio azzurrognolo ed i fianchi argentei con sottili linee grigie longitudinali. Una banda nera e una dorata sono interposte fra gli occhi. La regione scapolare è nera, questo colore continua sulla parte superiore dell'opercolo, il cui margine è rossastro.
Orata femmina
La pinna dorsale è grigio azzurrognola, con una fascia mediana longitudinale più scura. La lunghezza massima dell'orata è 70 cm, ma la più comune è tra i 20 e 50 cm e può raggiungere un peso di 10 kg circa. È un pesce strettamente costiero e vive tra i 5 e i 150 m dalla costa; frequenta sia fondali duri che sabbiosi, è particolarmente diffusa al confine fra i due substrati. Normalmente conduce una vita solitaria o a piccoli gruppi; è una specie molto eurialina, tanto che si può frequentemente rinvenire in lagune ed estuari, ma è estremamente sensibile alle basse temperature. La sua alimentazione consiste prevalentemente di molluschi e crostacei di cui sminuzza il guscio con le forti mascelle. Le orate sono ermafrodite proterandriche: la maggior parte degli individui subiscono l'inversione sessuale all'età di 2 anni, quando raggiunge i 33 - 40 cm di lunghezza. La riproduzione (con più cicli di ovodeposizione) avviene tra ottobre e dicembre. L'orata è molto comune nei mari italiani ed è presente in tutto il bacino del Mediterraneo e nell'Atlantico orientale, dall'estremo sud delle isole Britanniche a Capo Verde.

DA 8 A 18 METRI DI PROFONDITA' si possono vedere: Spirografo, Conchiglie, Stella pettine, Re di triglie (o Pesce cardinale), Mazzancolla, Tracina ragno, Rombo e talvolta la Cernia bruna.

Spirografo, di Yoruno, opera propria,
CC BY-SA 3.0, https://commons.wiki
media.org/w/index.php?curid=2646791
Lo spirografo (Sabella spallanzanii, Gmelin, 1805) è un anellide policheta canalipalpato della famiglia dei Sabellidae, dall'esterno vagamente somigliante ad un antozoo ma in realtà appartenente a tutt'altro tipo di animali. Vive all'interno di un tubo di consistenza cartacea, prodotto dall'animale, dentro cui si ritira in caso di pericolo. È munito nella zona cefalica di branchie filiformi ricoperte di cilia e di ghiandole mucose, la cui funzione è di invischiare le particelle alimentari. Queste hanno una colorazione che alterna giallo-marrone, marrone scuro e bianco. È un tipico animale filtratore, che si nutre di plancton e detrito in sospensione. Specie tipicamente bentonica, vive su fondali mobili, sabbiosi o fangosi. Reperibile pressoché in tutti i mari, anche a grandi profondità. Comune nel Mar Mediterraneo orientale, più raro in quello occidentale.

Conchiglie
La conchiglia è una struttura biologica rigida e dura che protegge e sostiene gli animali dal corpo molle e senza scheletro, appartenenti ai phyla dei molluschi e dei brachiopodi. Nei Molluschi la conchiglia ha forma varia a seconda delle Classi. È composta da costituenti inorganici come il carbonato di calcio (CaCO3) o il fosfato di calcio (Ca3(PO4)2) che gli animali estraggono dall'acqua di mare e che vengono integrati da sostanze organiche (solitamente un insieme di proteine complesse secrete dal mantello). Nelle specie del benthos, che vivono nelle sabbie o nei fanghi del fondo, oppure fissate a dei supporti, e che quindi non hanno mobilità o ne hanno pochissima, la conchiglia contiene l'animale come una sorta di scatola durissima; nelle specie che hanno riacquistato una certa mobilità o che sono invece passate alla vita pelagica, la conchiglia è una struttura della quale, evolutivamente parlando, gli animali tendono a liberarsi e spesso in questi animali essa si presenta ridotta o scomparsa. I Gasteropodi Opistobranchia, Cefalaspidei e Thecosomata sono dotati i conchiglia completa, che si riduce negli Anaspidei e nei Sacoglossi e diviene interna nei Notaspidei; infine scompare negli Acoclidiacei e Nudibranchia. La conchiglia compare già nella larva (veliger) e si accresce per la regolare e periodica aggiunta di nuovi tratti in corrispondenza del suo margine libero dove si osservano numerose strie di accrescimento. La struttura della conchiglia varia notevolmente dai Poliplacofori a quella delle altre classi e, insieme ad altri caratteri, consente di definire nei Molluschi due linee evolutive a cui si fanno corrispondere due subphylum:
1) Anfineuri (Poliplacofori e Solenogastri) nei quali la conchiglia è costituita da 2 strati, quello superiore fatto di conchiolina calcificata e quello interno di solo carbonato di calcio.
2) Conchiferi (tutte le altre classi) in cui la conchiglia è costituita da 3 strati fondamentali:
- periostraco, strato esterno, di aspetto corneo costituito da conchiolina (un complesso di proteine che è diverso dal collagene e dalla cheratina) secreta da ghiandole situate ai margini del mantello e che viene deposta al margine via via che la conchiglia si accresce, mentre i due strati sottostanti formano l'ostraco:
- strato prismatico, intermedio e spesso formato da più strati secondari, anch'esso secreto dal margine del mantello: È costituito da prismi di carbonato di calcio circondati da una membranucola di conchiolina;
- strato interno o madreperlaceo, che viene secreto da tutta la superficie del mantello ed è formato da lamelle parallele di carbonato di calcio.
Questo schema, però, può presentare numerose varianti ed il materiale calcareo può essere, a seconda della specie, aragonite calcite o entrambi. Alcuni molluschi possono presentare anche chitina.
Conchiglia monetaria, di Drow_male,
opera propria, GFDL  https://
commons.wikimedia.org/
w/index.php?curid=5256867
Le conchiglie sono state impiegate per molti scopi e sono state usate come strumenti, strumenti musicali, contenitori, armi, soldi, decorazione, ecc. Le popolazioni africane da circa 5.000 anni usano le conchiglie di Cypraea e Monetaria come moneta e anche i nativi della British Columbia, in Canada, usavano un particolare tipo di conchiglia come denaro.
Tridacna gigas, museo di Finisterrae
In Indonesia, i locali usano i bivalvi giganti (Tridacna gigas) come vasche da bagno per i bambini. Le stesse conchiglie sono anche utilizzate come fonti battesimali e acquasantiere in alcune chiese. Le conchiglie possono essere utilizzate anche come decoro per acquari oppure in una vetrina decorata. Spesso non viene utilizzata l'intera conchiglia ma da essa viene estratta la madreperla, utilizzata per fabbricare monili, gioielli, per intarsi. Vi sono poi lavorazioni raffinatissime di conchiglie per farne cammei di costo elevato.

Stella pettine maggiore, di Rpillon,
opera propria, CC BY-SA 3.0,
https://commons.wikimedia.
org/w/index.php?curid=8789106
Astropecten aranciacus (Linnaeus, 1758), conosciuta anche come la stella pettine maggiore, è una stella marina della famiglia Astropectinidae. Questa stella ha le placche marginali dorsali munite da 1 a 3 aculei piuttosto corti e placche marginali ventrali con aculei lunghi, appuntiti, robusti, disposti con regolarità, di colore arancio alla base e giallastro o bianco verso la punta. L'aspetto è robusto e la forma nel complesso non presenta peculiarità, ha un disco centrale e braccia di dimensioni medie. Il colore del lato aborale è dato dal susseguirsi di passille con l'estremità superiore (che dall'alto hanno l'aspetto di punti rotondi) rosso-arancione variamente combinate a passille di colore grigio, mentre le placche marginali dorsali sono di norma grigie omogenee. L'Astropecten mediterranea raggiunge le maggiori dimensioni e può avere un diametro di circa 55 cm. È una stella che ha caratteristiche molto costanti e si può distinguere abbastanza facilmente dalle altre basandosi sulle varie caratteristiche tra cui le più evidenti sono il colore e la grandezza. Di rado viene confusa con Astropecten irregularis. Questa specie di giorno rimane infossata nel sedimento, diventa attiva nel tardo pomeriggio e durante la notte quando si muove per andare a caccia, in cui si nutre principalmente di molluschi bivalvi, ma anche di gasteropodi o di altri echinodermi. Vive in Mar Mediterraneo e Oceano Atlantico su tutti i fondali mobili (sabbiosi, fangosi o ghiaiosi) a profondità comprese fra i 2 e i 100 m, specialmente in prossimità da praterie di Posidonia oceanica o di Cymodocea nodosa.

Re di triglie o pesce cardinale
Apogon imberbis, conosciuto comunemente come re di triglie pesce cardinale, è un pesce d'acqua salata della famiglia Apogonidae che ha il colore del corpo di un rosso acceso oppure rosa, con grandi occhi di colore scuro solcati da due bande più chiare. Talvolta possono essere presenti dei punti neri in prossimità del peduncolo caudale. Ha le pinne dello stesso colore del corpo, la pinna dorsale doppia e corta. Può misurare fino a 18 centimetri e si nutre di crostacei e altri pesci. Di giorno si rifugia in grotte o zone protette, mentre la notte esce in acque aperte per procacciarsi il cibo. La riproduzione, che avviene nel periodo estivo, è di tipo interno; le uova vengono deposte dalla femmina all'interno della bocca del maschio, che le trattiene fino alla schiusa. Vive da 10 fino a 250 metri di profondità, in gruppi anche di molti individui che si raccolgono in grotte e zone buie.
Questa specie è diffusa nel Mar Mediterraneo e nell'Atlantico orientale, dal Portogallo fino al Golfo di Guinea, sulle coste delle Azzorre, di Madera e delle Canarie.

Mazzancolla, da http://www.natura
mediterraneo.com/forum/topic.asp?
TOPIC_ID=91355
La mazzancolla o gambero reale (Penaeus kerathurus, Forskål, 1775) è un crostaceo decapode della famiglia Penaeidae. La mazzancolla è conosciuta, nelle varie regioni italiane, con nomi dialettali diversi: in Liguria Sparnocchia; in Calabria Gambero mazzincognu; in Campania Mazzacuogno, Gammero e' funnale; nel Lazio Mazzancolla; in Puglia Ammaro, Ammere, Lammaro; in Sicilia Gambero barbuto, Gambero imperiale; in Veneto Granzo e in Venezia Giulia Granzo. Specie autoctona del Mar Mediterraneo, come tutti i crostacei, ha l'intero corpo rivestito da una corazza detta carapace. La parte anteriore del corpo o cefalotorace, è costituita dalla fusione della testa col torace e contiene tutti gli organi più importanti: sistema nervoso, branchie, cuore, stomaco. Essa è caratterizzata a sua volta da un rostro dentato (9 - 11 spine) e da una serie di carene, solchi e spine che hanno valore tassonomico. Dal carapace partono le antenne, recettori meccanici sensibili alle vibrazioni e le antennule con funzione olfattiva e di equilibrio rispetto alla gravità.
La parte edibile dell'animale è l'addome, a sua volta suddiviso in sei segmenti. Le appendici anteriori dette pereiopodi vengono utilizzate quando l'animale è appoggiato al substrato ed hanno funzione esplorativa e prensile. Le appendici al disotto dell'addome dette pleopodi sono invece utilizzate per il nuoto. La parte caudale è formata da quattro segmenti detti uropodi che hanno funzione di timone nel nuoto e di remo nella tipica fuga all'indietro. Essa termina con una spina appuntita, il telson. Ha colorazione biancastra tendente al rosa e al grigio. Alterna bande marroni-rossastre su carapace e segmenti addominali e macchie scure sulle pleure. Gli uropodi sono pigmentati e terminano con una striscia bluastra. La colorazione è tuttavia mutevole viene notevolmente influenzata dal tipo di fondale e dalla profondità alla quale viene pescato. Negli individui adulti il sesso è facilmente distinguibile per la presenza del petasma nei maschi e del thelycum nelle femmine, entrambi posti ventralmente tra carapace ed addome. Di medie dimensioni, può raggiungere ed anche oltrepassare i 20 centimetri in lunghezza ed i 100 grammi di peso. Vive in acque costiere da 5 a 50 m, su fondali sabbiosi e misti a fango, talvolta sul detrito costiero. Ha abitudini marcatamente fossorie: nelle ore diurne resta infossato nel substrato ed esce solo dopo il tramonto fino all'alba. Da adulta vive in habitat marino, mentre allo stadio di postlarva e giovanile preferisce gli ambienti di estuario o le lagune dove la salinità è più bassa ed il nutrimento (a base di fitoplancton e zooplancton) è più abbondante. La sua carne è pregiata, con sapore delicato e con aroma gradevole e fine. Contiene circa il 15% di proteine, mentre basse sono le percentuali di glucidi e di grassi e l'apporto energetico resta al di sotto delle 100 kilocalorie. È considerevole invece l'apporto di fosforo, calcio, ferro e le vitamine del complesso B tiamina, riboflavina e niacina. Il contenuto di colesterolo si aggira invece sui 150 mg per 100 grammi.

Tracina o pesce ragno
La famiglia Trachinidae comprende 9 specie di pesci d'acqua salata conosciuti comunemente come tracine o pesci ragno, appartenenti all'ordine Perciformes. Le tracine presentano un corpo cilindrico ma appiattito sul ventre (sono pesci che vivono principalmente sul fondo), con testa arrotondata, bocca molto grande rivolta verso l'alto e occhi posti molto in alto sulla testa.
Le pinne pettorali sono ampie, le ventrali piccole. La lunga pinna dorsale è preceduta da una pinna formata da 5 - 6 raggi-spine cavi, collegati a una ghiandola velenifera. Altre spine velenifere sono poste sull'opercolo branchiale. La pinna anale è opposta e simmetrica alla dorsale. La pinna caudale è a delta. La livrea è variabile da specie a specie, anche se tutte presentano un ventre giallo-bianco, mentre il resto del corpo ha un colore di fondo bianco, giallo o beige marezzato di bruno o di nero. Le sue dimensioni variano dai 15 cm di Trachinus collignoni ai 53 cm di Trachinus draco.
Trachinus draco
Le tracine si infossano nel fondale sabbioso, lasciando liberi solo gli occhi e le spine velenifere. Quando una preda capita a portata di bocca esse escono velocemente fuori dal loro nascondiglio. Si cibano di piccoli pesci e crostacei. Non hanno molti predatori, poiché la loro puntura dolorosa è un'esperienza terribile per chiunque provi a divorarle. Non è raro per gli esseri umani venire a contatto con questi pesci, sia sulle spiagge sia durante la pesca. Il dolore è molto forte, un bruciore profondo che si irradia dalla ferita lungo tutto l'arto, raramente arrivando fino all'inguine o all'ascella (a seconda dell'arto colpito), raggiungendo il suo massimo dopo 30 - 45 minuti dalla puntura e perdurando a volte per 24 ore, con strascichi di formicolii e insensibilità. Nonostante il forte dolore (si dice che i pescatori che si pungevano in antichità venissero legati per evitare che si uccidessero buttandosi a mare), il veleno non è pericoloso per l'uomo e tutto si risolve in fretta. Piuttosto spesso, però, per lo shock doloroso l'organismo reagisce con nausea, vomito, tremori, svenimenti e giramenti di testa e sono necessarie le profilassi antidolorifica e antitetanica. Per un primo soccorso è utile immergere la zona colpita in acqua molto calda (anche salata) per due ore o almeno un'ora, o tenerla anche per 30 minuti sotto la sabbia riscaldata dal sole, poiché il veleno è termolabile. Non è consigliato l'utilizzo di acqua fredda o ammoniaca. Premere per qualche istante sulla ferita per favorire l'uscita di sangue e ridurre il rischio di infezione. Questi pesci sono diffusi nei bassi fondali sabbiosi di tutto il mar Mediterraneo e sulle coste atlantiche dall'Europa occidentale a nord fino all'arcipelago britannico all'Africa tropicale e una specie vive anche nell'Oceano Pacifico cileno.

Rombo, di www.habitas.org.uk
tramite http://www.animalinelmondo
.com/animali/pesci/436/rombo.html
Il rombo (Scophthalmus rhombus) fa parte della famiglia dei botidi, ed è la specie più grossa e apprezzata del genere. Il rombo è un pesce piatto dal corpo largo, romboidale e asimmetrico, dalla pelle liscia, sprovvisto di squame e la sua tinta bruna macchiata di scuro si confonde con i fondali sabbiosi in cui vive, dove giace sul fondo appoggiato sul fianco destro. Gli occhi sono entrambi sul lato sinistro del capo. Presenta una bocca ampia, munita di denti piccoli e acuti disposti in varie serie; i primi raggi della pinna dorsale sono ramificati e liberi dalla membrana. La colorazione è mimetica e varia a seconda del fondo su cui il pesce si sposta e sul dorso scuro possiede delle piccole macchiette chiare e scure che gli permettono di mimetizzarsi per sfuggire ai predatori. Il rombo si nutre di pesci, calamari e crostacei e si riproduce da febbraio a marzo. Le uova e gli avannotti (giovani) sono pelagici e, come in tutti i pesci piatti, possiedono dapprima un occhio su ciascun lato che poi, con la crescita, si sposta sopra il capo avvicinandosi all’altro. Può raggiungere i 70 cm di lunghezza e i 7 Kg di peso, ma è comune intorno ai 300-500 grammi. Si può trovare lungo le coste atlantiche dell'Europa, nel mare del Nord e nel Baltico e nel Mediterraneo. 

Cernia bruna, di Parent Géry, opera
propria, CC BY-SA 3.0, https://
 commons.wikimedia.org
/w/index.php?curid=13338932
La cernia bruna (Epinephelus marginatus, Lowe, 1834) è un pesce appartenente alla famiglia dei Serranidae. Di grosse dimensioni, fino a 140-150 centimetri, per anche 60 chilogrammi di peso, è molto longeva (anche 50 anni, con un'età massima stimata di 61 anni). È di colore bruno con macchie più chiare, tendenzialmente più scuro negli esemplari più vecchi e presente delle tipiche macchie chiare intorno all'occhio. Solitaria, territoriale, piuttosto schiva, anche se è documentata una certa curiosità dell'animale. E' un ermafrodita proterogino, che diviene maschio intorno ai dodici anni. Gli esemplari di grandi dimensioni sono pertanto tutti di sesso maschile; la pesca subacquea ha su questa specie un effetto particolarmente dannoso, perché le prede più ambite sono gli esemplari di grandi dimensioni, che in questa specie sono quasi sempre maschi e di conseguenza è stata resa estremamente difficile la riproduzione. Si nutre principalmente di molluschi, crostacei e di altri pesci e la riproduzione avviene durante il periodo estivo e s. Vive comunemente nel Mar Mediterraneo, ad una profondità variabile tra i 10 e i 50 metri (spingendosi fino ai 200), spesso vicino a fondali rocciosi e ricchi di grotte e fenditure. Gli esemplari più giovani vivono in prossimità della costa. Viene comunque incontrata anche nell'Oceano Atlantico orientale e nell'Oceano Indiano occidentale, nelle isole Britanniche e fino al Mozambico e al Madagascar. Nell'Oceano Atlantico occidentale si può trovare nel Brasile meridionale e dall'Uruguay all'Argentina.

Zone pelagiche.
OLTRE I 18 METRI DI PROFONDITA' si incontrano via via varie zone con profondità sempre maggiori che costituiscono il dominio pelasgico, (pèlagos  deriva dal greco antico πέλαγος, ossia "mare aperto") l'insieme delle zone di diverse profondità, dell'ambiente marino: epipelàgica fino a 200 m, mesopelagica da 200 m fino a 1.000 m, batipelàgica dai 1.000 ai 4.000 m, abissopelàgica oltre i 4.000 m e hadopelàgica nelle fosse alle massime profondità extra-fondali. Mentre il dominio bentonico riguarda l'ambiente dei fondali, il dominio pelagico è stato suddiviso in due province:
- provincia neritica: zona di mare o di oceano che si estende dalla costa fino al termine della piattaforma continentale. Si estende fino a 200 m di profondità e riceve quasi tutta la luce solare irradiata sugli oceani. La zona è abitata da un largo numero di specie microscopiche, in particolare fitoplancton, protozoi, dinoflagellati e altri;
- provincia oceanica: la zona di mare o di oceano che si estende oltre la piattaforma continentale e che è quindi distante dalla costa e in cui sono presenti acque profonde. 

Oltre i 18 metri si possono incontrare, oltre a mammiferi marini e tartarughe marine (vedi all'inizio del post): Gambero rosso di Sanremo, Aguglia, Gorgonia bianca, Moscardino bianco, Aragosta, Rana pescatrice (Coda di rospo), Gorgonia rossa, Scorfano rosso, Calamaro, Totano, Boga, Castagnola rossa, Pagro (o Pauro), Acciuga (o Alice), Sardina, Tonno, Palamita, Pesce luna, Pesce spada, Ricciola di fondale, Trigone viola, Razza, Manta gigante (Mobula), Torpedine.

Gambero rosso
Il gambero rosso di Sanremo è il gioiello della pesca ligure, prelibato crostaceo pescato esclusivamente nelle acque della Città dei Fiori. Di colore rosso acceso e dalla polpa saporita, si mangia spesso anche crudo, oppure cucinato al sale o ancora appena scottato. Il gambero rosso rappresenta per le sue caratteristiche scientifiche ed organolettiche, commerciali e culturali, un prodotto tipico del mar Ligure da salvaguardare e valorizzare. Nel 2008 il Comune di Sanremo e la Regione Liguria hanno anche avviato il lungo iter presso l’Unione Europea per il riconoscimento della IGP (indicazione geografica protetta), che è stata ottenuta. La pesca del gambero rosso risale agli inizi del Novecento e oggi nei fondali di Sanremo e Santa Margherita Ligure, ne vengono pescati non più di 200 tonnellate ogni anno, facendone un prodotto prezioso e di eccellenza. Il “Gambero Rosso di Sanremo” è stato inserito nel piano di “Valorizzazione delle attività agro-alimentari e tradizioni locali” acquisendo la Denominazione Comunale di Origine - De.C.O., il marchio di garanzia nato in seguito alla legge n° 142 dell’8 giugno 1990, che consente ai Comuni la facoltà di disciplinare in materia, appunto, di salvaguardia e valorizzazione delle attività agro-alimentari tradizionali.

Aguglia, da http://www.sardegnasub.
altervista.org/Aguglia.html
L'aguglia (Belone belone, Linnaeus, 1761) è un pesce osseo di mare appartenente alla famiglia Belonidae. Ha una forma affusolata, quasi anguilliforme, con pinne nella parte posteriore e presenta un becco corneo con mandibola più lunga della mascella, molto flessibile. Lo scheletro è di colore verde-azzurro. La livrea è di un semplice grigio argenteo, scuro sul dorso e quasi bianco sul ventre. Raggiunge una lunghezza di 90 cm ed il peso massimo di 1,3 kg. Si ciba di piccoli pesci, prevalentemente di sardine e acciughe. L'aguglia si trova comunemente nel Mar Mediterraneo e nell'Atlantico orientale, nelle zone costiere intorno alle isole Canarie, Azzorre, Madera e Capo Verde, nonché nel Mar Nero e nel Mar d'Azov.

Gorgonia bianca, da http://www.paolo-
fossati.com/reportage-dal-mediterraneo
/argentario-isola-del-giglio-e
-giannutri/immagini-dellargentario/
La gorgonia bianca (Eunicella singularis, Esper, 1791) è una gorgonia mediterranea che cresce su fondali rocciosi solitamente fino ad un massimo di 30 metri, ben illuminati e con temperatura compresa tra 18 e 20 °C. Colonia arborescente di colore bianco, con polipi bruni poco sporgenti, che si erge fino a 40 - 50 cm di altezza. Vive su fondali ben illuminati di natura rocciosa o in zone detritiche ad una profondità massima di 30 metri. È una specie tipica del Mar Mediterraneo ove popola i fondali rocciosi a partire dai 20 metri e fino ai 30 di profondità, privilegiando gli anfratti poco raggiunti dalla luce.

Moscardino, di Annedouche, https:
//commons.wikimedia.org/w
/index.php?curid=10882269)
Il moscardino bianco (Eledone cirrhosa, da Lamarck, 1798) è un mollusco cefalopode della famiglia Octopodidae. Riveste una certa importanza commerciale, in quanto viene utilizzato comunemente come alimento. Il moscardino bianco è diffuso in tutto il Mar Mediterraneo e nella porzione nord-orientale dell'Oceano Atlantico, grossomodo dalle coste dell'Islanda al Marocco meridionale. La specie può essere rinvenuta a profondità comprese fra i 25 ed i 700 metri, ma sembra essere più comune attorno ai 75 metri: i moscardini bianchi non hanno particolari preferenze riguardo al substrato, ma appaiono maggiormente diffusi in zone con fondali sabbiosi o fangosi (come il Mar Adriatico). Misura fino a 40-45 cm di lunghezza, braccia comprese, per un peso che in media si attesta attorno ai 700 g, ma che in alcuni casi può sfiorare i 2 kg. I maschi sono più piccoli anche della metà rispetto alle femmine. Generalmente la taglia di questi animali tende ad aumentare nelle acque più fredde. Il mantello del moscardino bianco è ricoperto da numerose piccole verruche ed appare di dimensioni e larghezza maggiori rispetto alla testa. Esso appare naturalmente di colore giallo-bruno chiaro, con una maculatura rossiccia: l'animale è in grado di cambiare repentinamente colore, divenendo più chiaro o più scuro a seconda dello stato d'animo e dell'ambiente circostante. Al di sopra dei grossi occhi sono presenti due filamenti di pelle che valgono a questi animali il nome comune di "polpo cornuto". Le braccia, in numero di otto, a parità di dimensioni appaiono più corte rispetto all'assai simile moscardino comune (Eledone moschata), ma parimenti a esso presentano un'unica fila di ventose su ciascun braccio. Nei maschi, il terzo braccio destro è più corto rispetto agli altri, e la sua punta è modificata a formare un organo copulatore, l'ectocotile.
Il moscardino bianco tende a vivere a profondità maggiori rispetto al moscardino comune, per evitare una competizione interspecifica nelle vaste zone in cui l'areale delle due specie si sovrappone: nonostante ciò, le sue abitudini di vita sono molto simili. Esso predilige infatti i fondali sabbiosi o fangosi, dove ricava la propria tana alla base di rocce isolate, Poriferi o in grosse conchiglie, bottiglie, vasi o altri oggetti concavi. Durante la notte l'animale lascia il proprio rifugio per andare alla ricerca di cibo; i moscardini bianchi sono animali solitari e territoriali e reagiscono in genere in maniera aggressiva alla vista di conspecifici, ingaggiando combattimenti che terminano molto spesso con l'amputazione di arti o il cannibalismo. Questi animali si nutrono principalmente di crostacei (granchi, gamberetti) e molluschi (come le telline), che scovano nella sabbia o fra le rocce durante le loro cacce notturne. Il periodo riproduttivo va da marzo ad agosto: il maschio introduce il proprio sperma all'interno del mantello della femmina attraverso un braccio appositamente modificato (ectocotile); la femmina in seguito depone da 100 a 500 uova grosse e gelatinose, alle quali fa incessantemente la guardia, cessando di nutrirsi. Dalle uova nascono piccoli già simili ai genitori, che si disperdono nelle acque superficiali e tornano sul fondale una volta cresciuti. Come conseguenza del fatto che questi animali muoiono dopo l'atto riproduttivo (caratteristica comune alla stragrande maggioranza dei cefalopodi), la popolazione adulta della specie è particolarmente esigua nei mesi autunnali, durante i quali abbondano invece gli esemplari giovani.

Aragosta, foto di Massimo Ponti
L'aragosta mediterranea (Palinurus elephas, Fabricius, 1787) è un crostaceo dell'ordine Decapoda che vive nei fondali del mar Mediterraneo e dell'oceano Atlantico orientale. Ha una taglia medio-grande con una lunghezza media di 20 - 40 cm e massima di 50 cm ed un peso fino a 8 kg. Il corpo è di forma sub-cilindrica, rivestito da una corazza che durante la crescita cambia diverse volte per ricrearne una nuova. Il carapace è diviso in due parti: il cefalotorace (parte anteriore) e l'addome (parte posteriore), con una colorazione da rosso-brunastro a viola-brunastro ed è cosparso di spine a forma conica. L'addome è formato da 6 segmenti mobili. Anteriormente presenta due antenne più lunghe del corpo, ripiegate all'indietro, gialle e rosse a tratti, che hanno la funzione di organi sensoriali e di difesa; sulla fronte sono anche presenti due spine divergenti a V. L'ultimo segmento del pleon, il telson, assieme agli pleopodi del sesto segmento, forma il ventaglio caudale, utile per il nuoto. Possiede diverse zampe, ma solo una parte vengono utilizzate per camminare. Essendo un Palinuro non possiede zampe chelate. Durante tutta la sua vita non smette mai di crescere ed è un animale piuttosto longevo: può infatti vivere anche fino a 70 anni. È una specie gregaria e piuttosto sedentaria, si trovano spesso insieme numerosi esemplari, si nutre di plancton, alghe, spugne, anellidi, echinodermi, briozoi, crostacei e pesci, a volte anche carcasse di questi. La riproduzione avviene a fine estate e in inverno nascono le larve, le quali raggiungono subito i fondali che le ospiteranno per il resto della loro vita. È particolarmente apprezzata in cucina per la bontà della sua carne, tuttavia è una specie protetta inclusa nell'appendice III della Convenzione di Berna. In alcune ricette viene applicato il metodo della cottura a vivo in acqua bollente, in quanto è opinione diffusa che gli invertebrati non percepiscano il dolore. Al riguardo il governo norvegese aveva richiesto nel 2005 uno studio scientifico che pareva aver confermato come il loro sistema nervoso non fosse in grado di elaborare tali sensazioni. Tuttavia in seguito, nel febbraio 2013, è stato pubblicato un nuovo studio di ricercatori irlandesi che ha smentito l'opinione comune e il vecchio studio norvegese, evidenziando come i movimenti del crostaceo al momento dell'immersione non sarebbero dovuti a riflessi automatici, ma a reale percezione del dolore. L'alto contenuto di emocianina nella loro emolinfa - circolazione comune di sangue e linfa - dà la colorazione viola, la quale però è mantenuta soltanto quando l'aragosta resta in profondità. Alla luce del sole o in superficie il colorito viola svanisce. Spesso l'aggiunta di ammoniaca ai crostacei fissa la colorazione rossa o viola. Nelle aragoste, come per molti artropodi, la proteina tropomiosina è allergenica e può essere causa di allergia alimentare anche grave. È diffusa nel mar Mediterraneo e nell'oceano Atlantico orientale. Vive nei fondali rocciosi dai 20 m fino ai 150 m di profondità. Nel bacino del Mediterraneo si trovano altre due specie simili: Palinurus mauritanicus, che ha una colorazione più verso il rosa e vive a profondità maggiori (180 - 600 m) e Palinurus regius, che ha una colorazione più verso il verde.

Rana pescatrice o coda di rospo, da
http://www.amando.it/ricette/alimenti
/rana-pescatrice-o-coda-di-rospo.html
Lophius piscatorius, conosciuta principalmente come rana pescatrice o anche coda di rospo, è un pesce appartenente alla famiglia Lophiidae. La rana pescatrice è conosciuta, nelle varie regioni italiane, con nomi dialettali diversi: in Liguria è Gianello, Giudio, Büdego, Büdegasso, Budego ruscio, Boudroi; in Campania Piscatrice nera, Rattale; nel Lazio Martino; in Sardegna Piscatrice niedda; in Sicilia Magu, Giuranna di mari, Làmia; in Toscana Boldrò; in Veneto Diavolo de mar, Pesce rospo, Rospo de fango. La rana pescatrice presenta una testa massiccia ricoperta di creste ossee e spine, appiattita e allargata, di forma ovale, così come la parte anteriore del corpo. Il corpo è conico e la pelle è priva di squame, la bocca è molto grande e rivolta verso l'alto, con numerosi denti acuti: la mascella inferiore è prominente rispetto a quella superiore. Nella mandibola e lungo il corpo sono presenti delle appendici cutanee a forma di frange. La colorazione è bruno-olivastra o violacea sul dorso e bianca nel ventre; le pinne sono orlate di scuro. Il primo raggio della pinna dorsale è estremamente sviluppato e dotato in punta di una piccola escrescenza carnosa; quest'appendice, utilizzata per cacciare, è chiamata illicio. La livrea è tendenzialmente bruna. Può raggiungere dimensioni ragguardevoli: sono stati pescati esemplari di 200 cm di lunghezza per 57 kg di peso. La femmina raggiunge la maturità sessuale attorno ai 14 anni, per dimensioni di circa 90 centimetri, il maschio intorno ai 6 anni, per circa 50 centimetri. Specie affine è Lophius budegassa, che presenta frange cutanee meno sviluppate, peritoneo di colore scuro, ciuffo dell'illicio non lobato, colorazione del dorso più rossiccia e, in genere, dimensioni inferiori (fino a 70 cm). È una specie dalle abitudini solitarie, che passa la maggior parte del tempo infossata sul fondo, in attesa delle prede. Durante il giorno rimane quasi invisibile: con le pinne pettorali scava un avvallamento per rimanere nascosta nella sabbia, e adagiata sul fondo, può iniziare la caccia: usa il primo raggio della pinna dorsale (illicio), dotato di un ciuffetto lobato, come se fosse una canna da pesca: quando una preda incuriosita dai movimenti dell'illicio si avvicina per ingoiare la finta esca, la rana pescatrice porta prima l'appendice un po' all'indietro, poi ingoia l'animale che si è avvicinato. Si riproduce da gennaio a giugno, nonostante molte specie dei Lophiiformes siano caratterizzati da parassitismo sessuale, a volte obbligato, ma non è il caso del L. piscatorius. Le uova vengono rilasciate in aggregati gelatinosi che si schiuderanno in larve, molto diverse dall'individuo adulto, che condurranno vita pelagica. La rana pescatrice è un pesce prelibato dalle carni magre. Viene commercializzata fresca, congelata o surgelata. Il suo sapore è diverso a seconda della provenienza: quelle pescate in Adriatico hanno carni sode ed un gusto delicato, quelle pescate in Sicilia, per la diversa alimentazione, a volte hanno carni con un sapore più intenso. La rana pescatrice è diffusa dal Mare del Nord (compreso il Mar Baltico) all'Atlantico (fino alle coste nordoccidentali africane) comprese le coste islandesi. È inoltre presente nel Mediterraneo (più diffuso nella parte occidentale) e nel Mar Nero. Abita le acque di fondale sabbiose e sassose comprese tra i 20 e 1.000 metri.

Gorgonia rossa, di Alberto Romeo,
opera propria, CC BY 3.0, https:
 //commons.wikimedia. org
/w/index.php?curid=3906692
La gorgonia rossa (Paramuricea clavata, Risso, 1826) è una gorgonia mediterranea della famiglia Plexauridae. Si presenta come una formazione arborescente con fitte ramificazioni di colore rosso scuro, che forma ventagli che possono raggiungere dimensioni fino ad un metro di altezza. I rami terminali, claviformi, sono a volte di colore giallo. Lo scheletro è proteico; la superficie presenta spicole calcaree che fungono da rifugio per i polipi, retrattili. Le colonie assumono l'aspetto di un vero e proprio bosco sommerso, tra i cui rami si sviluppa una notevole biodiversità, costituita da pesci e invertebrati d'ogni specie. È una specie tipica del Mar Mediterraneo ove popola i fondali rocciosi solitamente profondi da 25 - 30 fino a oltre 100 metri, privilegiando gli anfratti poco raggiunti dalla luce. È infatti una specie sciafila, cioè amante della penombra. In passato le colonie di gorgonia rossa erano molto numerose, oggi si assiste ad un loro declino in tutto il Mediterraneo, soprattutto nelle acque superficiali in conseguenza del riscaldamento delle acque. Altri fattori che ne minacciano la sopravvivenza sono la raccolta indiscriminata da parte dei subacquei e i danni inferti dalla pesca a strascico. È una specie molto fragile e ad accrescimento molto lento. In virtù di tali caratteristiche è considerata un indicatore biologico dell'equilibrio dell'ecosistema marino.

Scorfano rosso, di Elapied su
Wikipedia francese e trasferito su
Commons, CC BY-SA 2.0, https:
//commons.wikimedia.org
/w/index.php?curid=2127876
Lo scorfano rosso (Scorpaena scrofa, Linnaeus, 1758) è un pesce della famiglia degli Scorpaenidae. È riconoscibile da tutte le altre Scorpaena per le appendici carnose sul mento, nessun'altra specie le ha, oltre ad un'appendice allargata sull'occhio, per il resto è simile alle altre scorpene, con testa massiccia (forse in proporzione più grande che nei congeneri) spinosa e coperta di appendici cutanee. Il colore è in genere rosso vivo ma può presentarsi anche rosa, bruno o giallo zolfo, variegato di scuro in vari modi e, in genere, con una macchia nera al centro della pinna dorsale. Raggiunge fino a 50 cm di lunghezza e la riproduzione avviene tra maggio ed agosto. Passa gran parte del tempo fermo immobile in un punto rialzato attendendo che una preda gli passi davanti. Le spine dei raggi della pinna dorsale e dell'opercolo branchiale sono collegate a ghiandole velenifere che rendono assai dolorosa la sua puntura, che può talvolta avere carattere di gravità e in alcuni rari casi può provocare perdita di coscienza, vertigini e ipotensione. Per un primo soccorso in caso di puntura togliere eventuali spine, lavare e disinfettare la parte traumatizzata, immergere la zona colpita in acqua molto calda (anche salata) per due ore (almeno un'ora), o anche 30 minuti sotto la sabbia, poiché il veleno è termolabile cioè viene inattivato dal calore. Vive su fondi duri, rocciosi o a coralligeni, di solito ad una profondità superiore ai 20 m. (fino ad oltre 200 m.) anche se i giovanili possono essere incontrati in acque più basse. Ha una predilezione per le secche scogliose che si elevano da un fondo fangoso. Nonostante il veleno, le sue carni sono molto apprezzate e utilizzate soprattutto in vari brodi e zuppe di pesce; è ingrediente obbligatorio per preparare alcuni piatti come il cacciucco alla livornese o la bouillabaisse di Marsiglia. È diffuso nell'Oceano Atlantico orientale, dalle isole britanniche, al Marocco, nelle Canarie, nelle Azzorre e nel Mar Mediterraneo.

Calamaro da http://www.nextme.it
/tecnologia/biotecnologie/8098-ca
lamaro-reflettina-transistor-protesi
Il calamaro (Loligo vulgaris, Lamarck, 1798), conosciuto anche come calamaro europeo o calamaro comune, è un mollusco cefalopode della famiglia Loliginidae, sottospecie Loligo vulgaris reynaudi (Orbigny, 1839) Loligo vulgaris vulgaris (Lamarck, 1798). Il calamaro è conosciuto, nelle varie regioni italiane, con nomi dialettali diversi, in Liguria è chiamato Caamà. Il nome comune ha lo stesso etimo di "calamaio", dal greco kalamos (calamo), che da astuccio per le penne è passato a indicare nel medioevo il vasetto dell'inchiostro, con allusione quindi alla forma del mollusco e al secreto difensivo di colore nero che emette quando minacciato (analogo al nero di seppia). 
Calamaro da https://www.ilgiornaledel
cibo.it/differenza-totano-e-calamaro/
È caratterizzato da conchiglia interna (detta gladio o penna) e corpo allungato con pinne laterali che raggiungono l'estremità posteriore della sacca. Possiede 10 tentacoli di cui 2 più lunghi e ricoperti da più file di ventose. Il colore è roseo-trasparente con venature rosso scuro e violetta. Raggiunge una lunghezza di 30–50 cm. Si trova abbondante nelle acque costiere a partire dal Mare del Nord fino a quelle del Mare Mediterraneo e lungo la costa occidentale dell'Africa. Questa specie vive dalla superficie fino a profondità di 500 m e viene estensivamente sfruttata dall'industria della pesca. La riproduzione avviene tra gennaio e luglio, periodo in cui si avvicinano alle coste.

Totano da http://www.minimaet
moralia.it/wp/considera-il-totano/
Il totano comune o semplicemente totano (Todarodes sagittatus classificato da Lamarck nel 1798) è un mollusco cefalopode della famiglia Ommastrephidae.
Totano da https://www.ilgiornaledel
cibo.it/differenza-totano-e-calamaro/
Vive su fondali sabbiosi ed è presente principalmente nell'oceano Atlantico, si trova anche nel mar Mediterraneo e nel mare del Nord.
Conosciuto anche con il nome di todaro, è caratterizzato da conchiglia interna, corpo allungato con pinne laterali più corte di quelle del calamaro e localizzate sul fondo della sacca, formanti una punta a lancia. Possiede 10 tentacoli, di cui 2 più lunghi e ricoperti da più file . Può raggiungere il metro di lunghezza e i 15 kg di peso.

Calamaro e totano.
Da http://www.mondo
marevivo.com/diario-di-bordo/tota
ni-e-calamari-quali-sono-le-differenze
Similitudini e differenze fra Loligo vulgaris (il calamaro) e Todarodes sagittatus (il totano). Entrambi sono in grado di raggiungere la velocità di oltre 40 km orari, certamente la più alta nell’ambito degli invertebrati. In questi cefalopodi il nuoto viene facilitato dalle pinne laterali, che hanno una funzione stabilizzante, al pari delle ali di un aeroplano. Entrambi hanno origine antichissima: sia i calamari che i totani, infatti, sono molluschi cefalopodi, ovvero hanno forma affusolata, coperta da un mantello che ne avvolge completamente il corpo e sono sulla Terra da oltre 500 milioni di anni. Inoltre, entrambi hanno 10 braccia o tentacoli, dei quali otto sono molto corti con ventose peduncolate e due più lunghi utili per la caccia. Inoltre, sia i totani che i calamari hanno una testa con gli occhi posizionati lateralmente, una bocca, funzionale a triturare piccoli pesci, crostacei oppure altri molluschi che rappresentano il principale nutrimento per entrambi. Sebbene vivano entrambi in profondità e preferiscano fondali fangosi, rocciosi o sabbiosi, le similitudini si concludono qui perché la prima differenza tra totani e calamari consiste proprio nel periodo dell’anno in cui sono “di stagione” , quando tendono più spesso a salire in superficie, di notte, per la caccia: i calamari, infatti, vengono pescati tra settembre e dicembre, mentre i totani tra aprile, maggio, giugno e luglio. Veniamo, dunque, ad individuare le principali differenze tra totani e calamari. Il calamaro è un mollusco di dimensioni minori rispetto al totano e ha pinne piuttosto grandi, affusolate, di forma romboidale; i tentacoli possiedono solamente ventose e il suo corpo è color rosa-grigiastro. Il totano è invece di dimensioni più grandi, ma ha pinne più piccole e di forma triangolare, attaccate al corpo solo nella parte finale; il colore è bianco-rosaceo. I tentacoli del totano, a differenza di quelli del calamaro, possiedono anche due piccoli uncini oltre alle ventose. Infine, sempre da un punto di vista strutturale e morfologico, i due molluschi si differenziano per il gladio o penna, ovvero un elemento tipico dei molluschi cefalopodi, residuo della conchiglia ancestrale, che nei calamari è più spesso. Entrambe le specie di molluschi amano i fondali sabbiosi e fangosi, ma i calamari amano particolarmente le zone con abbondanza di coralli e di alghe; nei periodi più freddi risalgono in superficie, dove vengono pescati. Dal punto di vista alimentare, la carne del calamaro è più morbida, mentre quella del totano più croccante: in entrambi i casi, si prestano bene ad essere preparati seguendo cotture lunghe a basse temperature o molto veloci ad alte temperature, come la frittura.

Boga
La boga (Boops boops, Linnaeus, 1758) è un pesce osseo marino appartenente alla famiglia degli Sparidae. Il suo corpo è molto più allungato e affusolato che negli altri sparidi mediterranei, tanto che i banchi possono essere confusi per quelli di sardine o di latterini. Gli occhi sono grandi, la bocca piccola ma fornita di denti incisiviformi. Le pinne dorsale e anale hanno raggi spinosi morbidi. La pinna dorsale è piuttosto lunga e quando abbassata scompare in un solco dorsale. La pinna caudale è forcuta e i lobi appuntiti. Le pinne pettorali sono abbastanza grandi ma più brevi della testa; le pinne ventrali sono piccole, inserite subito dietro l'origine delle pettorali. Il corpo è argenteo, il dorso più scuro, di color grigio-verde, il ventre bianco. Dalla testa partono 3-4 linee longitudinali brune o dorate, non sempre visibili, che raggiungono il peduncolo caudale. All'ascella delle pinne pettorali è presente una macchiolina scura, così come è scura la linea laterale. Le pinne sono verdastre, tranne le ventrali e l'anale, che sono biancastre. Raggiunge comunemente una lunghezza massima di 20 cm. ma eccezionalmente anche di 35 cm. Popola le acque costiere, si trova su fondi variabili ma soprattutto rocciosi e abitati dalla Posidonia oceanica. È meno legato al fondo rispetto agli altri sparidi mediterranei e si può definire come semipelagico; può trovarsi anche lontano dalle coste e spesso di notte si porta in superficie. Può essere catturato fino a 350 metri di profondità ma di solito non scende oltre i 100. È una specie strettamente gregaria che forma banchi anche di grandi dimensioni e può vivere fino a 15 anni. È una specie onnivora, si nutre prevalentemente di materiale vegetale, crostacei e zooplancton. La boga è una specie ermafrodita proterogina: gran parte degli individui giovani sono femmine e invecchiando si trasformano in maschi. Esistono però anche femmine che non cambiano sesso e maschi tali fin dalla nascita. La deposizione avviene in primavera ed estate. È diffuso nell'Oceano Atlantico orientale, dal golfo di Biscaglia (raramente anche in Scozia e nel mar del Nord) alle coste africane dell'Angola, nel Mar Mediterraneo (dove è comunissima) e nel Mar Nero.

Castagnola rossa
La castagnola rossa (Anthias anthias, Linnaeus, 1758) è un pesce osseo marino appartenente alla famiglia dei Serranidae. Questo pesciolino è abbastanza diverso dagli altri serranidi mediterranei dato che ha una sagoma più alta e corpo compresso ai lati, con bocca relativamente piccola. Gli occhi sono grandi e la fronte leggermente arcuata. La bocca è armata di piccoli denti caniniformi. La pinna dorsale è abbastanza ampia, nei maschi il secondo e il terzo raggio spinoso portano un'appendice laminare simile a una bandierina. La pinna caudale è fortemente forcuta, il lobo inferiore è più lungo e appuntito del superiore. Le pinne ventrali sono molto allungate e molto più grandi delle pinne pettorali, nel maschio sono molto più sviluppate che nella femmina e di solito hanno una macchia gialla arancio all'estremità. Le scaglie sono presenti anche nella regione della testa. La linea laterale è molto incurvata e decorre lungo il profilo del dorso tranne che nel peduncolo caudale. La livrea è appariscente: da rosso violacea ad arancio vivo con tre strisce gialle dietro l'occhio, che è circondato da un anello giallo e azzurro. La sua lunghezza normalmente raggiunge i 15 cm., ma può arrivare anche a 27 cm. Ha abitudini notturne e vive in banchi non compatti e poco dinamici, che se disturbati si rifugiano immediatamente in un anfratto. Si nutre di crostacei e pesciolini. È un ermafrodita proterogino, che da femmina diviene maschio con la crescita e si riproduce in estate. Il suo habitat si trova nel piano circalitorale su fondi a coralligeno in ombra e ricchi di cavità. Si incontra fino a 200 metri di profondità ma inizia ad essere comune attorno ai 30 metri. È un comune abitatore delle grotte sottomarine e nel periodo estivo si può incontrare a profondità relativamente minori, in caverne o anfratti oscuri. Si trova nel Mar Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico orientale dal Portogallo all'Angola, ci sono segnalazioni anche dalla Namibia settentrionale. È molto comune nel Mediterraneo ma raro nell'Adriatico.

Pagro
Il pagro o pauro (Pagrus pagrus), è un pesce d'acqua salata appartenente alla famiglia Sparidae, conosciuto, nelle varie regioni italiane, con nomi dialettali diversi: in Liguria è Pagao addentaxoú, pagao büffo, Bezugo, Pagao adentou, Pagao teston; in Abruzzo Sagro, come nelle Marche; in Puglia Bufalacu, Fraie, Marrafone, Sparo bastardo; in Sardegna Su paguru, Prainu; in Sicilia Pauru, Paurottu, Paulu, Pavolo, Scannavaddu; in Veneto Alboro-pagnesco, Sparo d'Istria, Tàboro, Albaro pagro; in Venezia Giulia Cantarella, Tabarà, Prago, Pagari.
Pagro, foto di Alberto Biondi
Presenta un corpo voluminoso ma agile, rossastro-bruno con fasce di colore giallo alternate a brune, pinne rosse, normalmente tra i 2 e i 5 chilogrammi, può arrivare a grandi dimensioni, fino a 15 chili di peso per la lunghezza di un metro. Il pagro si ciba di pesci, molluschi e crostacei ed è preda di seriola dumerili nonché di alcuni squali della famiglia Triakidae. È una specie ermafrodita: la maturità sessuale è raggiunta a 3 anni di età (con una taglia in media di 24 cm), ogni individuo è prima femmina, poi invecchiando assume la sessualità maschile. Questo pesce è diffuso nel Mar Mediterraneo e nell'Atlantico, dai 30 ai 150 metri di profondità, spesso in prossimità di secche coralline.

Acciughe o alici
L'acciuga o alice (Engraulis encrasicolus, Linnaeus, 1758) è un pesce osseo marino appartenente alla famiglia Engraulidae di grande importanza economica. Acciuga deriva dal latino volgare apiua o apiuva e probabilmente ha subito un passaggio da dialetti liguri. Il termine alice, di area italiana meridionale, napoletana e siciliana, deriva dal latino hallēx, una salsa simile al garo, fatta con interiora fermentate di pesce, a sua volta dal greco halykís = salamoia.
Branco di acciughe in atteggiamento
difensivo, di Etrusko25, opera propria
foto di Alessandro Duci, https://
commons.wikimedia.org/
w/index.php?curid=5057346
Sebbene l'acciuga sia spesso associata alla sardina e talvolta confusa con essa, queste due specie appartengono a famiglie diverse e hanno un aspetto decisamente differente. L'acciuga ha corpo allungato e snello, a sezione cilindrica, privo della cresta ventrale di scaglie rigide presente nella sardina. La testa è grande (circa ¼ della lunghezza totale), conica, appuntita, con occhi grandi posti all'estremità anteriore della testa, in posizione molto avanzata. Anche la bocca è grande (molto più che nella sardina), ampia fin oltre l'occhio ed è posta in posizione infera (ovvero nella parte inferiore della testa); è armata di denti piccoli e numerosi. La mascella superiore è più lunga dell'inferiore. Le scaglie sono piccole e si distaccano facilmente. La pinna dorsale è abbastanza breve, di forma triangolare, inserità circa a metà del corpo. La pinna anale è inserita più indietro, è più bassa e più lunga della dorsale. Le pinne ventrali sono piccole e poste all'altezza dell'origine della dorsale; le pinne pettorali sono inserite molto in basso, presso il bordo ventrale del corpo e sono strette e allungate. La pinna caudale è biloba. La colorazione è argentea sui fianchi e biancastra sul ventre, il dorso è verde azzurro negli individui vivi che diventa blu scuro in quelli morti. Sui fianchi dei pesci vivi, soprattutto di piccola taglia, è spesso presente una banda argentea sopra cui decorre una linea più scura. La lunghezza massima può eccezionalmente raggiungere i 20 cm ma mediamente si aggira sui 15-17 cm. È una specie gregaria in ogni fase vitale che forma banchi numerosissimi spesso misti con altre specie (per esempio la sardina) ma composti da esemplari di taglia simile (fenomeno noto come gregarismo per taglia). L'acciuga compie migrazioni sia stagionali, dato che in inverno si porta in acque profonde, sia nictemerali ovvero si porta a profondità diverse durante l'arco della giornata[7]. Può vivere fino a 5 anni. Si alimenta di giorno. Si nutre di zooplancton, le prede principali sono crostacei copepodi e stadi larvali di molluschi. La deposizione delle uova avviene in acque costiere tra aprile e novembre e ha un picco in giugno e luglio. Le uova, deposte in numero fino a 40.000, sono pelagiche. Le uova si schiudono nell'arco di 2 giorni e le larve, note assieme a quelle delle sardine come gianchetti o bianchetti, si aggregano subito in banchi. La maturità sessuale avviene a un anno. Si tratta di un tipico pesce pelagico che si può trovare anche a grande distanza dalle coste, a cui si avvicina in maggio-giugno per la riproduzione[5]. Di solito nella stagione calda non si incontra a profondità superiori a 50 metri, la massima profondità registrata è di 400 metri. In inverno frequenta acque più profonde, attorno ai 100 - 180 metri nel Mediterraneo. È una specie moderatamente eurialina, tollera le acque salmastre e talvolta penetra nelle foci e nelle lagune. Nei laghi salmastri di Ganzirri e di Torre Faro in comune di Messina esiste una popolazione stanziale in passato considerata come una sottospecie (Engraulis encrasicolus russoi). La specie è diffusa nell'Oceano Atlantico orientale, tra la Norvegia e il Sudafrica. È presente e comune anche nei mari Mediterraneo, Nero e d'Azov. Alcuni esemplari sono stati catturati nel canale di Suez: si tratta quindi di una delle poche specie di pesci mediterranei che hanno intrapreso una migrazione verso il mar Rosso, in senso contrario a quello dei migranti lessepsiani. L'acciuga è una delle specie ittiche più importanti per le marinerie del mar Mediterraneo e dell'Oceano Atlantico temperato caldo europeo. La sua cattura avviene con vari metodi (reti a strascico, reti da posta, ecc.) ma principalmente con un'apposita rete da circuizione nota come ciànciolo, in cui i banchi di acciughe e altri piccoli pesci pelagici vengono attratti da fonti luminose (lampàra)[5][7]. Nell'area mediterranea il bacino più produttivo risulta il mar Adriatico con l'80% dello sbarcato italiano. La misura minima per la commercializzazione è di 9 cm nella UE. L'acciuga ha carni buone che vengono consumate sia fresche (ad esempio ripiene), sia conservate in svariati modi: sotto sale, sott'olio, come pasta d'acciughe, eccetera[5]. Le acciughe conservate entrano a loro volta in numerose ricette; ad esempio in Piemonte, dove in passato grazie alla conservazione sott'olio o sotto sale erano uno dei pochi pesci di mare tradizionalmente disponibili, oltre che alla base della bagna càuda sono utilizzate come antipasto sotto forma di acciughe al verde. È oggetto, soprattutto nel mar Adriatico, di sovrapesca. Si stima che la sola flotta di Chioggia in estate rigetti in mare tra le 6 e le 9 tonnellate al giorno di acciughe (e sardine) morte, per ogni coppia di navi, a causa del prezzo di mercato non remunerativo. Gli stock ittici si sono notevolmente ridotti nell'arco degli ultimi decenni.

Sardina, di Roberto Pillon, CC BY 3.0,
https://commons.wikimedia.
org/w/index.php?curid=26377321
La sardina (Sardina pilchardus, Walbaum 1792) è un pesce osseo marino della famiglia dei Clupeidae, di grande interesse economico. È l'unica specie del genere Sardina. La sardina è spesso associata all'acciuga sia come stile di vita che come modalità di consumo e, talvolta, addirittura confusa con essa dal consumatore inesperto. In realtà queste due specie appartengono a famiglie diverse e hanno aspetto completamente differente. La sardina ha corpo affusolato ma più alto e più compresso lateralmente rispetto all'acciuga e sul ventre ha una fila di scaglie rigide ed appuntite (scutelli) che però non formano una vera carena, come avviene nello spratto. La testa è appuntita, con occhio piuttosto grande ricoperto da una palpebra adiposa simile a quella presente nella cheppia, nel cefalo comune o nel lanzardo. La bocca è grande (arriva sotto l'occhio), rivolta in alto, e la mandibola inferiore è più lunga della superiore. I denti sono minuscoli. Sull'opercolo branchiale sono presenti delle carene ossee disposte a ventaglio. Le scaglie sono grandi e vengono perdute facilmente al semplice contatto. Le pinne non hanno raggi spinosi. La pinna dorsale, breve, è posta alla metà del corpo; la pinna anale è molto più arretrata, quasi sul peduncolo caudale, è più lunga e bassa, con i due raggi più posteriori ingrossati e più lunghi degli altri. Le pinne pettorali sono abbastanza grandi, inserite molto in basso, vicino al bordo ventrale; le pinne ventrali sono sulla verticale del centro della dorsale (a differenza che nello spratto in cui sono poste sotto l'origine della dorsale). La pinna caudale è biloba. Il colore dell'animale vivo è verdastro o azzurro iridescente sul dorso, argenteo sui fianchi e biancastro sul ventre. Lungo la parte dorsale dei fianchi sono allineate alcune macchioline nere, spesso poco visibili. Raggiunge i 27 cm di lunghezza nel Mediterraneo occidentale e i 30 cm nell'Atlantico, la lunghezza comune è di 15 - 20 cm. È una specie gregaria in ogni stadio vitale che forma banchi molto fitti e disciplinati, composti da centinaia o migliaia di individui. Le sardine si riuniscono in banchi assieme ad individui di altre specie di taglia simile come acciughe, altri Clupeidae e perfino giovanili di tonno rosso e palamita. Effettua migrazioni nictemerali, ovvero di notte si trova a profondità maggiori rispetto alle ore diurne. La durata massima della vita è di 5 anni nel mar Mediterraneo e può raggiungere i 14 nell'Atlantico.
Sardine, di Etrusko25, opera propria,
https://commons.wikimedia.
org/w/index.php?curid=6699084
La sardina si nutre esclusivamente di plancton, soprattutto zooplancton e in particolare crostacei copepodi del genere Calanus. Le larve invece consumano soprattutto fitoplancton. Si alimenta nelle ore diurne, soprattutto serali, ma non di notte. Non è un filtratore come altri Clupeidae ma da la caccia alle singole prede. Si riproduce tutto l'anno con un massimo in inverno. Le uova sono pelagiche e ogni femmina ne può deporre fino a 80.000. Le larve si schiudono dopo qualche giorno: sono trasparenti e hanno la pinna dorsale molto arretrata. A 3 - 4 cm prendono la colorazione adulta e vengono chiamate gianchetti o bianchetti. La maturità sessuale è raggiunta a 1 o 2 anni di età. È una tipica specie pelagica che vive in acque aperte senza alcun contatto con il fondale e si può trovare sia lontano dalle coste sia, soprattutto durante la buona stagione, in acque basse e costiere. D'inverno si trova a profondità fino a 180 metri. Si rinviene nell'Oceano Atlantico orientale tra l'Islanda (rarissima) ed il Senegal, ma di solito non è presente più a settentrione del mar del Nord. È comune nel mar Mediterraneo (soprattutto la parte occidentale e l'Adriatico) ed è invece rara nel mar Nero e nel mar d'Azov. Questa specie ha un'elevatissima importanza per la pesca commerciale mediterranea e dell'Europa meridionale atlantica. Viene catturata soprattutto con la rete da circuizione denominata ciànciolo in cui i banchi vengono attratti con l'ausilio di potenti luci. Talvolta vengono utilizzate reti da posta derivanti (menaide). È oggetto, soprattutto nel Mar Adriatico, di sovrapesca. Si stima che la sola flotta di Chioggia in estate rigetti in mare tra le 6 e le 9 tonnellate al giorno di sardine e acciughe morte, per ogni coppia di navi, a causa del prezzo di mercato non remunerativo. Gli stock ittici si sono notevolmente ridotti nell'arco degli ultimi decenni.

Tonni pinna blu o rossi atlantici, da
http://www.ansa.it/mare/notizie/
rubriche/ambienteepesca/2011/08/20
/visualizza_new.html_753725326.html
Il tonno (Thunnus, definizione di South, 1845) è un genere della famiglia Scombridae che raggruppa 8 specie di grandi pesci pelagici predatori: Thunnus alalunga (alalonga), Thunnus albacares (yellowfin, tonno pinna gialla, tonno albacora o tonno monaco), Thunnus atlanticus, Thunnus maccoyii (tonno australe), Thunnus obesus (tonno obeso), Thunnus orientalis (tonno rosso del pacifico, tonno orientale), Thunnus thynnus (bluefin, tonno pinna blu o tonno rosso atlantico), Thunnus tonggol (tonno codalunga).
Vengono comunemente chiamate tonno anche queste specie: Katsuwonus pelamis (tonnetto striato), Euthynnus alletteratus (tonnetto alletterato), Allothunnus fallai, Euthynnus affinis, Auxis thazard thazard (tombarello), Auxis rochei rochei (tombarello biso), Gasterochisma melampus, Gymnosarda unicolor. Adattati al nuoto veloce, i tonni hanno un corpo ovaloide allungato ed idrodinamico, piuttosto compresso ai fianchi. La pinna dorsale e quella anale sono alte e robuste, posizionate nella seconda metà del corpo. Le pettorali sono potenti, le anali sono piccole. Dopo la pinna dorsale e quella anale sono presenti alcune pinnette stabilizzatrici (circa 7-10 per parte). La livrea è grigio argentea, con riflessi blu o neri. Le dimensioni sono elevate: si va da circa 1 m del Thunnus atlanticus ai 4,5 m del Thunnus thynnus. Alcune specie, come il tonno rosso (Thunnus thynnus da Linnaeus, 1758, grande pesce pelagico conosciuto anche come tonno pinna blu), sono a "sangue caldo", caratteristica rara tra i pesci, inoltre il "sesso" lo si riconosce in seguito alla eviscerazione , con la presenza di "uova" nella femmina o con lo "sperma" nel maschio. I tonni rossi (Thunnus thynnus) sono tra i pesci più grandi, più veloci e dai colori più sgargianti del mondo; la loro forma aerodinamica a forma di siluro gli garantisce rapidità e resistenza e la livrea blu metallica del dorso e quella bianco-argentea e brillante del ventre gli permettono di mimetizzarsi sia sopra che sotto.
Le carni del tonno hanno notevoli differenze nutrizionali; la tabella che segue si riferisce a 100 g di carne cruda delle due specie:
Specie                  Valore energetico   grassi                                 proteine   carboidrati    fosforo
Tonno rosso           144 kcal                5 g (di cui 1,3 g Omega3)    23 g         0                  254 mg
Tonno pinna gialla  108 kcal                1 g (di cui 0,2 g Omega3)    23 g         0                  191 mg
Le varie parti del tonno (ventresca, filetti, bottarga, mosciame, lattume, cuore, buzzonaglia) vengono utilizzate per la preparazione di piatti che ne prevedono l'uso crudo, come nel sushi o nel sashimi, e cotto.
Tonno pinna gialla da http://www
.agraria.org/pesci/cucina_
tonno-a-pinne-gialle.htm
Infine il tonno viene conservato, sott'olio o al naturale (in acqua salata), generalmente confezionato in scatolette metalliche o vasetti di vetro. Normalmente in Italia il tonno maggiormente commercializzato è invece il tonno pinna gialla (yellowfin), che è una specie oceanica più diffusa e per questo di prezzo in genere più basso, mentre il tonno rosso (bluefin), tipico del Mediterraneo, è stato considerato in via di estinzione e quindi ne è stata proibita la pesca anche se nel Mar Ligure se ne contano numerosi esemplari, anche giganti, che creano problemi ai pescatori: vedi  http://www.ansa.it/mare/notizie/rubriche/ambienteepesca/2011/08/20/visualizza_
07/news/tonni-60603041/ . In Spagna è utilizzato anche il tonno alalunga. Da alcuni anni il più usato al mondo per l'inscatolamento sott'olio è il tonnetto striato.
Tonni pinna blu,https://ilfattoalimenta
re.it/mercurio-tonno-atlantico.html
 da 
Il consumo di tonno contaminato da batteri senza alterazioni organolettiche può dare origine alla cosiddetta sindrome sgombroide (HFP, histamine fish poisoning), una reazione gastro-enterica con sintomi simil-allergici che insorgono da 10 minuti a qualche ora dall'ingestione dell'alimento contaminato (in media dopo 90 minuti), riconducibili all'istamina (una sostanza che stimola l'infiammazione) in esso contenuta. I sintomi si risolvono spontaneamente nell'arco di qualche ora e possono durare fino a 48 ore. Raramente si hanno quadri sintomatici gravi.
Insieme ad altri predatori in testa alla catena alimentare come pesce spada e verdesca, è uno dei pesci con i più alti livelli di mercurio ma con il calo degli scarichi industriali americani, il tonno atlantico ha ridotto la sua contaminazione mentre invece l'ha aumentata quello orientale: https://ilfattoalimentare.it/mercurio-tonno-atlantico.html. I tempi di digestione medi sono tra le 5 e 6 ore per il tonno sott'olio crudo. 
Mappa dei tonni in Italia da http://www.pesca
inmare.com/articoli/mappatonni.htm
Già gli antichi praticavano su larga scala la pesca del tonno, soprattutto a Gibilterra e nell'Ellesponto, mentre in Sicilia era praticata lungo le coste del trapanese. La tecnica di pesca variava a seconda del luogo e della stagione e la specie pescata era soprattutto il tonno rosso, ritenuto di qualità superiore. Nella pesca attuale, la maggior parte della flotta tonniera utilizza le reti da circuizione, altri utilizzano i palamiti che, senza misure di mitigazione, causano la morte di migliaia di tartarughe, uccelli marini e squali. Questo sistema di pesca ha colpito anche gli stock del tonno pinna gialla. Il tonnetto striato, che oggi è la specie più utilizzata per il consumo alimentare al mondo, è pescato a canna, più ecosostenibile. 
Calibro dei tonni della
mappa a fianco.
La pesca del tonno si è ormai stabilizzata quasi esclusivamente sul drifting, ma negli ultimi anni la taglia dei tonni presi in drifting nel Tirreno, si è clamorosamente ridotta. Sono comparsi quei pesci che notoriamente si catturano a traina.Nelle acque del Tirreno i tonni intermedi (70 - 100 kg) erano soliti viaggiare sui 90 - 100 metri, mentre quelli più piccolini di branco (15 - 20 kg) compivano gli spostamenti migratori sui 200 - 300 metri, quindi sensibilmente più lontani dalla costa.

Palamita, tonno alletterato e tombarello, da https://www
.ilgiornaledeimarinai.it/palamita-
alletterato-e-tombarello-ecco-le-differenze/
La palamita (Sarda sarda) è un pesce di mare appartenente alla famiglia Scombridae, la stessa dei tonni.
È diffusa nel mar Mediterraneo, nel mar Nero (dove non si riproduce) e nell'Oceano Atlantico a nord fino alla congiungente tra la Scandinavia ed il Canada ed a sud tra l'Angola e l'Argentina. È molto raro nei territori posti all'estremo dell'areale. È un pesce dalle abitudini nettamente pelagiche e si può trovare sia in alto mare che in acque costiere. È frequente imbattersi in banchi numerosi di questi pesci predatori anche nel sotto costa, ma solo quando le condizioni meteorologiche e marine lo consentono. Trattasi, però, di esemplari piuttosto giovani. È un pesce dal corpo fusiforme, molto idrodinamico, con testa appuntita, peduncolo caudale sottile con 2 carene laterali, coda falcata, caratteristiche che conferiscono una considerevole potenza al suo nuoto. La bocca è ampia e supera l'occhio ed è armata di numerosi denti conici abbastanza evidenti. Le pinne dorsali sono due: quella anteriore è più lunga e triangolare, con altezza decrescente e bordo superiore dritto; la seconda, contigua, è corta ed opposta all'anale. Le pinne ventrali e le pinne pettorali sono piccole. Esistono inoltre due serie di pinnule. Il colore è azzurro metallico sul dorso e digrada in un colore argenteo sui fianchi, per assumere un colore bianco madreperlaceo sul ventre. Sul dorso ci sono 7-10 barre nere o grigiastre oblique, quasi orizzontali. Arriva a misurare 80 cm per 10 kg di peso, ma normalmente è più piccola. Carnivora e predatrice, questa specie caccia principalmente piccoli pesci come acciughe, sardine, aguglie, eccetera. La riproduzione avviene in primavera-estate. I giovani portano bande scure verticali. È una specie gregaria, che vive sempre in banchi. Effettua lunghe migrazioni e si avvicina alle coste in periodi diversi a seconda delle località, in autunno nel mar Ligure, in estate nel golfo di Napoli, in primavera in Sicilia, ecc. Date le carni ottime e la sua indole combattiva è molto apprezzata sia da pescatori sportivi che da pescatori professionali: i primi la insidiano soprattutto dalla barca con la tecnica della traina e da terra a spinning, mentre i secondi la catturano soprattutto con apposite reti, denominate “palamitare”. Le sue carni sono adatte ad essere conservate sott'olio come quelle del tonno rosso. 

Pesce luna, di Per-Ola Norman, opera
propria, https://commons.wikimedia.
org/w/index.php?curid=7390965
Il pesce luna (Mola mola, dal latino mola, "macina, mola") è il più grande tra i pesci ossei (gli squali sono, invece, pesci cartilaginei). In inglese viene chiamato “sunfish”, presumibilmente tanto per la sua forma, quanto per le sue dimensioni e per il fatto che durante le giornate di sole tende a salire alla superficie dell'acqua. I pesci luna sono i pesci ossei più pesanti e gli esemplari più grandi possono raggiungere un'altezza di 4,2 metri, 3 metri di lunghezza e circa 2.268 chilogrammi di peso, superati in alcuni casi da squali e mante, che appartengono però alla classe dei cartilaginei. Questo pesce è caratterizzato da una forma allungata, ovaloide, molto compressa ai fianchi. La pinna caudale è formata da un'escrescenza carnosa (che parte dalla radice della pinna dorsale), la quale ha poca mobilità: la locomozione è affidata alle pinne dorsale e anale, opposte, simmetriche, robuste e allungate. La pinna pettorale è piccola e a ventaglio. I denti sono fusi tra loro nella piccola bocca e formano una sorta di becco. Le aperture branchiali sono ridotte ad un buco, appena prima della pinna pettorale. La sua pelle può raggiungere lo spessore di 15 cm e ospita fino a cinquanta specie di parassiti e microorganismi, i quali possono provocare il fenomeno della bioluminescenza. Si tratta inoltre di un pesce estremamente longevo: si ritiene che possa superare ampiamente i cento anni di età. Quando il pesce luna nuota in prossimità della superficie, visto da una barca, può esser confuso con uno squalo, dato che se ne vede soltanto una pinna. Spesso risale alla superficie del mare, dove fa galleggiare il corpo in posizione orizzontale. Pare che sia questo, un sistema per liberarsi dei parassiti, che in questo modo possono venire mangiati dagli uccelli. Una femmina può deporre fino a 1,5 milioni di uova per volta e fino a 300 milioni di uova durante il ciclo vitale. Le larve hanno il diametro di appena due o tre millimetri. Il pesce luna si nutre di plancton, di piccoli pesci e di meduse. Abita in mare aperto, ma è localizzato prevalentemente lungo le acque costiere, in acque tropicali, temperate e fredde (spingendosi fino in Terranova e coste norvegesi, occasionalmente anche nel mar Baltico), Mediterraneo compreso. Nell'emisfero australe è diffuso intorno alle acque di Sudafrica e Australia, ma non intorno alla Terra del fuoco.

Pesce spada, da http://www.
divemania.it/articoli/mostra/781
-Il_Pesce_Spada
Il pesce spada (Xiphias gladius) è un pesce osseo marino, unica specie della famiglia Xiphiidae. Si tratta di una specie di grande importanza per la pesca commerciale. È presente nelle zone tropicali, subtropicali e temperate di tutti gli oceani, nonché nel mar Mediterraneo, nel mar Nero, nel mare di Marmara e mar d'Azov. È un tipico pesce pelagico che in certe situazioni si può avvicinare alle coste. Popola in prevalenza acque superficiali ma può scendere fino a 800 metri; di solito non scende sotto il termoclino. Vive in acque tra 18 e 22 °C (i giovanili anche in acque più calde) e nelle zone fredde, effettua migrazioni verso sud in autunno. Il pesce spada ha corpo fusiforme, a sezione cilindrica, che si restringe nella parte posteriore. La sua caratteristica più nota ed evidente è il grande sviluppo della mascella superiore che forma la tipica "spada", appiattita e tagliente e lunga circa 1/3 del corpo. Anche la mandibola è allungata e appuntita ma ha una lunghezza molto inferiore. Gli occhi sono grandi. Ci sono due pinne dorsali, la prima è alta e a base breve, subtriangolare (ma che è più lunga nei giovanili), la seconda piccola e impiantata posteriormente, appare quasi una pinnula. Anche le pinne anali sono due: la prima triangolare, non molto grande e la seconda opposta e identica alla seconda dorsale. La pinna caudale è ampia e falcata, portata su un peduncolo caudale piuttosto sottile e con una carena per parte. Le pinne pettorali sono lunghe e a forma di falce, le pinne ventrali invece sono del tutto assenti. Le scaglie e i denti sono assenti negli adulti. Il corpo è di colore da grigio piombo a brunastro sul dorso, argenteo con riflessi metallici sui fianchi e tendente al bianco sul ventre. Il pesce spada è uno dei più grandi pesci ossei, con una lunghezza massima di oltre 4,5 m e un peso che supera abbondantemente i 400 kg (il pesce spada più pesante venne pescato in Cile nel 1953, pesava 655 kg). La taglia media si aggira sui 3 metri.
Nuotatore velocissimo, effettua migrazioni anche su distanze oceaniche. Ha abitudini solitarie ma talvolta lo si ritrova in coppie. È presente un particolare meccanismo fisiologico che consente di riscaldare fino a 20 °C sopra la temperatura ambientale l'encefalo e gli occhi. È molto difficile calcolare l'età degli individui perché gli otoliti sono minuscoli e le scaglie sono assenti negli individui adulti per cui si possono avere indizi sulla longevità solo attraverso le sezioni dei raggi delle pinne. Si tratta di un predatore estremamente versatile e capace di sfruttare svariate risorse trofiche. Preda prevalentemente pesci (soprattutto sgombri, barracudina, naselli, pesci orologio, clupeidi, pesci lanterna), crostacei e molluschi cefalopodi. Caccia colpendo le prede con la spada.
Pesce spada, da http://www.divemania
.it/articoli/mostra/781-Il_Pesce_Spada
La riproduzione avviene nella stagione calda. La femmina depone fino a 800.000 uova pelagiche di meno di 2 mm di grandezza e dotate di una goccia d'olio per favorire il galleggiamento. La larva che se ne schiude è lunga circa 4 mm ed è molto diversa dall'adulto. Il rostro compare quando raggiunge circa 1 cm di lunghezza. I giovanili hanno entrambe le mascelle allungate, sono presenti scaglie e denti, una sola, lunga pinna dorsale e una sola anale. L'accrescimento è molto veloce, le femmine si accrescono più velocemente dei maschi.
Le carni sono ottime e impiegate in vari modi, di solito commerciate fresche o congelate ma anche inscatolate. Il pesce spada è un pregiato piatto tipico siciliano e calabrese, pescato e servito a Messina e provincia, ad esempio Taormina, Milazzo, Sant'Agata di Militello, Roccalumera, Barcellona e Reggio Calabria e sua provincia soprattutto nei borghi di Villa San Giovanni, Palmi, Scilla e Bagnara Calabra diventandone caratteristica gastronomica delle località nota come pesce spada alla ghiotta. In Giappone è molto usato per preparare il teriyaki. La carne di pesce spada, come quella di altri grossi pesci, contiene alti livelli di metalli pesanti (biomagnificazione), tra cui il mercurio. Di conseguenza ne viene sconsigliato il consumo frequente e soprattutto devono evitarne il consumo i bambini e le donne incinte. Da  https://www.rivieratime.news/la-pesca-del-pesce-spada-nel-ponente-ligure/: "La pesca del pesce spada, che in genere avviene tra luglio e dicembre, rappresenta una delle eccellenze del Ponente ligure. Basti pensare che nel solo bacino portuale di Oneglia (parte di Imperia) è presente il 30% di tutta la flotta regionale impegnata in questo settore..."  

Sorca o ricciola di fondale da http:/
/www.colapisci.it/pescitalia/pisces/
perciformi/Centrolofi/Ricciolafondale.htm
La ricciola di fondale, conosciuta meglio come sorca  (Centrolophus niger, Gemlin, 1788), è molto diversa dalla comune ricciola. Ha il corpo ovale, compresso lateralmente, ricoperto di squame piccole, cicloidi e caduche, tranne la parte superiore della testa, che è spugnosa e ricca di pori. La linea laterale è quasi rettilinea, leggermente curva al disopra della pettorale. La testa ha muso arrotondato con occhio relativamente grande. Le aperture nasali sono molto evidenti e più vicine al margine anteriore del muso.
La bocca è piccola, in posizione inferiore, con mascelle quasi uguali. I denti sono piccoli, conici e disposti in una sola serie. Il bordo posteriore dell'opercolo è arrotondato e quello del preopercolo è finemente dentellato in basso e posteriormente.
Sorca, da http://www.colapisci
.it/pescitalia/pisces/perc
iformi/Centrolofi/
Ricciolafondale.htm
La pinna dorsale ha i primi raggi spinosi deboli e di altezza più piccola dei successivi. inferiore ai successivi, che si mantengono uniformi fino all'ultimo. Una guaina con squame copre la base della dorsale e dell'anale. La caudale è grande, biloba. Le pettorali sono spatolate e corte, le ventrali sono più grandi negli esemplari giovanili. La colorazione è grigio-nera o nero-azzurrastra, più scura sul dorso e più chiara sulla superficie ventrale. A volte sono presenti macchie sparse chiare giallastre o grigiastre più o meno estese. E' una specie pelagica di profondità, solitaria, che vive a 800 metri di profondità ma può talvolta risalire in superficie sopratutto quando i giovani esemplari al largo incontrano oggetti galleggianti o meduse. Di colore scuro, dal nero al blu, può raggiungere notevoli dimensioni, fino a 120 cm e 25 kg di peso. Si nutre di organismi pelagici, sifonofori, anfipodi ed altri crostacei ed anche cefalopodi... meduse, gamberi e piccoli pesciolini. Si pesca con palangresi galleggianti innescati con calamari o con con reti da circuizione, quando risale verso la superficie, e con reti a strascico tra i 60 ed i 350 metri di fondo. E' una specie rara nei mari italiani ma molto diffusa nel mar Ligure. Una curiosità che lo riguarda è legata alla fine del 1800 quando al mercato del pesce di Genova era il più caro e ricercato e arrivava a costare anche 4,5 lire al Kg, quando il branzino arrivava al massimo a 3,50 lire.

Trigone viola da https://commons.wiki
media.org/w/index.php?curid=5521597
La trigone viola (Dasyatis violacea, Bonaparte, 1832) conosciuta anche come pastinaca viola o violacea o pastinaca pelagica, è un pesce della famiglia Dasyatidae, unica specie del genere Pteroplatytrygon. Ha il disco di forma quasi triangolare, di larghezza maggiore della lunghezza, con i margini anteriori convessi e quelli posteriori quasi dritti. Muso con margine arrotondato, con rostro piccolo e molto corto. Sulla coda è presente (all’inizio dei suoi 2 terzi) un aculeo velenoso con il margine dentellato. La pinna dorsale, la pinna anale e la pinna caudale sono assenti. La sua taglia massima è di 190 cm (e di 80 cm la larghezza del disco) ma generalmente arriva poco oltre il metro e mezzo di lunghezza totale, coda compresa. Dorsalmente è bruno-violacea e ventralmente bruno-violaceo un po' più chiaro. È una specie pelagica che si trova a notevoli distanze dalle coste, mentre nuota a profondità variabili tra la superficie e i 100 metri. Vive essenzialmente nei mari caldi e temperati, nel Mediterraneo è una specie poco frequente ed è presente in particolare lungo le coste sud occidentali del bacino. In Italia è nota in Liguria, nel Tirreno centrale e specie nelle coste siciliane. Ultimamente segnalata con più frequenza in Adriatico, specie al largo del Delta del Po. Si nutre di crostacei planctonici, pesci pelagici tipo sarde o alici e di molluschi cefalopodi. Gli embrioni sono a fine sviluppo in agosto e settembre. Se ne trovano in genere da 4 a 5 e solamente nell'utero di destra. Durante il periodo della gestazione la femmina ha il fegato enormemente sviluppato che occupa quasi tutta la cavità addominale.A Genova è chiamata “Ciucciu neigro”.

Razza chiodata, da https://www.sale
pepe.it/tecniche-base/pesce-
crostacei/pesci-di-acqua-salata/
Prende il nome di razza qualsiasi pesce appartenente all'ordine dei raiformi (Rajiformes), gruppo dei Condritti della classe dei pesci cartilaginei. Fra i pesci cartilaginei, i raiformi sono i più singolari, ma la loro classificazione risulta difficoltosa ed è oggetto di un dibattito scientifico. La loro conformazione è profondamente modificata, dando luogo a evidenti forme di specializzazione. Sono pesci dal corpo depresso, con le pinne pettorali unite al tronco in una singolare struttura che prende il nome di "disco", sviluppata in larghezza e di forma che può essere a cuneo, ovale, circolare o triangolare. I caratteri generali delle principali famiglie sono facili da distinguere ma le singole specie sono spesso estremamente simili e difficili da riconoscere. Alcuni gruppi di squali, in particolare gli Squatinidi, presentano anch'essi ampie pinne pettorali che ricordano il disco tipico delle razze ma si distinguono da esse per la presenza di fessure branchiali ai lati del capo. Nelle razze, le cinque o sei paia di branchie sono situate invece in posizione ventrale. In molte specie il capo fa parte del disco, mentre in altre la testa è distinta e le pinne pettorali vi si raccodano.
Nelle razze bentoniche, cioè diffuse sui fondali, gli occhi e gli spiracoli sono solitamente disposti sulla sommità del capo. In alcune specie abissali di Torpedinoidei, gli occhi sono coperti da uno strato cutaneo e si distinguono a malapena. Caratteristiche utili all'identificazione delle diverse razze sono il prolungamento del muso a sega, la presenza di organi elettrici, pinne pelviche allargate e unite in forma di disco, protuberanze lobate o la presenza di un corno sul muso. I sessi sono distinguibili in modo precoce. Gli pterigopodi maschili (organi pe trattenere la femmina durante la copulazione) sono importanti ai fini dell'identificazione in quanto variano non solo tra le famiglie ma anche da specie a specie e sono utilizzati per distinguere specie simili e valutare i rapporti filogenetici tra generi e specie. La cute, che in molte razze è spessa, si presenta liscia e rivestita da un muco scivoloso oppure protetta da robusti tubercoli ossei o spine, la cui dimensione, forma e posizione è un altro metodo per distinguere famiglie e specie. Con oltre metà delle specie di lunghezza superiore a 50 cm le razze sono tra i pesci di maggiori dimensione. La coda, che spesso è danneggiata, varia di lunghezza anche tra individui conspecifici e gli studiosi preferiscono esprimere le dimensioni in larghezza. Agli estremi abbiamo le Mante giganti, che toccano e superano la larghezza di 6,7-7,2 metri e i Narkidi, di lunghezza inferiore ai 10 cm e del peso inferiore ai 500 g. I pesci sega variano da 1,4 a 7,6 m di lunghezza e i Rajidi (280 specie circa) variano da 20 a 2,5 cm di lunghezza. Le conoscenze sulla tassonomia delle razze progrediscono con lentezza. Nelle profondità oceaniche, in particolare nell'Indopacifico, si celano molte specie sconosciute: negli ultimi 20 anni ne sono state scoperte 72. Le razze che vivono presso le coste vengono spesso identificate in modo erroneo e devono essere studiate più a fondo. Gli adulti sono sovente troppo voluminosi e pesanti per esser raccolti, conservati e trasportati in modo adeguato e richiedono enormi spazi nei musei. Maschi, femmine e giovani differiscono nella forma e nel colore. Per identificare le caratteristiche distintive delle diverse specie i tassonomi devono quindi esaminare esemplari diversi per sesso e per età, cosa che per molte specie non è stato ancora possibile.
Volendo identificare una razza, è importante osservarne le caratteristiche esterne: dimensioni del disco in rapporto alla coda, capo distinto o meno dal disco, coda ampia e muscolosa oppure lunga ed esile, eventuale presenza e posizione delle pinne dorsali e caudali. Questi elementi sono fondamentali per risalire alla famiglia di appartenenza. Arrivati a questo punto, l'identificazione diventa molto più difficoltosa e richiede una buona conoscenza delle specie presenti localmente. Ogni regione ha una tipica fauna di razze, perché molte specie hanno un areale limitato. Sapendo dove l'esemplare è stato raccolto si può ridurre il numero delle possibilità. Elementi preziosi sono colorazione e posizione di spine e dentelli. Le razze si sono evolute dagli squali, anche se non si sa ancora quali siano i gruppi più antichi. Appartengono al gruppo dei Condritti. Le razze più antiche erano forse simili agli Squali sega e si differenziarono nel Cretacico superiore, periodo Campaniano. Si ritiene che i pesci chitarra siano il gruppo più antico, mentre i Rajidi avrebbero dato origini al più recente gruppo delle torpedini. Alcuni ittiologi sostengono che queste si siano differenziati prima dei pesci sega, mentre una teoria più accreditata sostiene che discendano da un pesce chitarra. Per le abitudini bentoniche, quasi tutte le razze hanno la bocca in posizione ventrale e si nutrono immobilizzando la preda sul fondo con il disco. Sempre con movimenti del disco o dei margini di questo, lo convogliano verso la bocca. Possono essere molto selettive e la varietà di forme riscontrate nella bocca e nei denti riflette le loro preferenze alimentari. Il pesce chitarra, ad esempio, ha la bocca orlata da una fitta serie di dentelli piatti con i quali frantuma i gusci di piccoli invertebrati. Aquile di mare e Rinopteridi possiedono una serie di piastre dentali che, piuttosto simili a un becco, triturano granchi e molluschi. Le torpedini hanno la mascella inferiore molto arcuata e armata di piccoli denti sottili e appuntiti, che può essere spinta esternamente per risucchiare i piccoli pesci del substrato. L'enorme bocca della manta, che si nutre di plancton, è situata sulla parte frontale del muso e i denti sono minuti e rivestiti di pelle sulla mascella.
I Rajidi sono quasi tutti provvisti di file compatte di robusti denti acuminati, per meglio trattenere i pesci, i crostacei e i molluschi che cacciano. L'apparato sensoriale è altamente sviluppato. I pesci sega hanno narici sensibili anche a odori lievissimi, mentre in altre razze le narici sono parzialmente coperte da un ampio lobo carnoso denominato valva internasale e rivestito da pori sensoriali, che raggiunge solitamente la bocca del pesce. I pori fanno parte del sistema delle ampolle di Lorenzini, un apparato elettrorecettore che viene utilizzato per rilevare i deboli campi elettrici prodotti dai muscoli di altri animali. I principali predatori delle razze sono gli squali martello, le foche, ma anche le razze più grandi. Le razze vivono in acque marine, ma alcune di esse trascorrono buona parte della vita in delta o estuari, con acque salmastre. Vi è poi un numero limitato di specie che ha addirittura colonizzato le acque dolci per vivere in fiumi situati a migliaia di chilometri dalle coste. Le razze sono un elemento importante delle comunità marine e costituiscono un anello fondamentale nel ciclo vitale degli oceani. La comune convinzione che tutti i batoidei (il benthos è la categoria ecologica che comprende gli organismi acquatici, sia d'acqua dolce sia marini, che vivono in stretto contatto con il fondo o fissati ad un substrato solido) si equivalgano è del tutto errata. La vita delle razze degli estuari è ad esempio del tutto diversa da quelle che vivono presso la costa. Un motivo di uguaglianza è il fatto che le razze si nutrono praticamente degli stessi cibi, ma anche specie che convivono in un habitat possono avere diverse strategie riproduttive. Molte sono così specializzate che localmente hanno perfino estromesso pesci ossei bentonici come le sogliole. Le razze sono diffuse dal livello del mare fino a 3000 m di profondità. Le razze che vivono negli estuari sono le meglio adattate, perché riescono a far fronte agli stress ionici dovuti alla variazione del tasso di salinità, fatali per molti pesci. La conformazione del corpo e delle pinne delle razze presenta spiccate forme di adattamento alla vita pelagica o, più tipicamente, bentonica, con metodi di propulsione differenti a seconda del caso. Per comprendere quale ruolo svolgono le pinne nel movimento si potrebbe paragonare una razza ad un aliante. Le pinne pettorali e quelli pelviche sono l'equivalente delle ali, degli equilibratori e degli alettoni che controllano la stabilità orizzontale e i movimenti verso l'alto e il basso. Le pinne dorsali e caudali equivalgono invece a deriva e timoni di direzione e controllano la stabilità verticale, i movimenti laterali e la virata.
L'azione propulsiva è prodotta principalmente dalle pinne pettorali, mediante movimenti verticali. Pesci chitarra e pesci sega, dotati di una costituzione robusta, possiedono code potenti e pinne pettorali relativamente piccole rispetto agli altri raiformi. Le razze più adatte a nuotare in mare aperto sono le mante, le razze aquile di mare e i Rinopteridi. Le razze sono abilissime nel ritirarsi rapidamente dalla posizione di riposo nel substrato quando vengono insidiate da un predatore. Possono voltarsi velocemente e accelerare con prontezza a 90 gradi rispetto alla posizione originaria. I pesci chitarra e le aquile di mare si alzano sulle pinne per avere lo slancio. Finora non sono stati pienamente compresi il ruolo ecologico e la complessità del comportamento delle razze. Con la loro temibile reputazione, gli squali sono da sempre studiati, rispettati e temuti, molto più di animali considerati "semplici" quali le razze. Oggi invece si sa che i Raiformi sono animali complessi, con un'elevata massa cerebrale e sensi sviluppati. Tuttavia, le conoscenze sul loro comportamento si basano su fotografie di sub e osservazioni sugli animali alloggiati negli acquari pubblici. Le razze sono animali sociali che non di rado si riuniscono in grandi banchi con centinaia o persino migliaia di individui. I branchi di aquile di mare spesso recano anche un grande danno alle coltivazioni di ostriche e cozze, tanto che gli acquacoltori tentano di premunirsi usando reti metalliche per bloccarle. La loro pelle è sensibile al tatto: se accarezzate, entrano in uno stato di torpore. Nelle barriere coralline (ma anche, seppur in misura minore, nei mari temperati), non è raro sorprendere razze solitarie presso vere e proprie "stazioni di pulizia": volteggiano lente poco sopra il fondo mentre piccoli pulitori (labridi) mangiano residui di cibo e parassiti fastidiosi. È un ottimo esempio di simbiosi: la razza viene ripulita, e il labride ci guadagna un pasto. Altri pesci ossei accompagnano le razze, tra cui le remore e i pesci pilota, che approfittano degli avanzi di cibo del pesce o dalle piccole prede che porta allo scoperto muovendosi nel fondo.

Manta gigante, da http://m.dago
spia.com/bellezze-al-bagno-un-foto
grafo-brasiliano-nelle-profondita
-dell-oceano-cattura-una-
manta-gigante-118809
Da http://www.lastampa.it/2012/06/28/cultura/e-rara-una-manta-nel-mar-ligure-5hu5OcKIixeWDpjVBRMm7J/pagina.html: "Gli avvistamenti di mante «giganti», come quella che si aggirava domenica scorsa nelle acque del porto di Savona, sono eventi eccezionali, anche se l’anno scorso un branco di una decina esemplari è stato avvistato nelle acque di Palmi, in provincia di Reggio Calabria. Alcuni istruttori di nuoto avevano addirittura nuotato tra loro. Le mante (ovvero razze di grandi dimensioni) si vedono raramente nel Mediterraneo, perché sono pesci tropicali: la diceria popolare dà loro il curioso nome di diavoli di mare per le due creste cefaliche grandi e mobili e per la lunga coda armata di aculeo. Quelle che nuotano nel Mediterraneo raggiungono i 3 metri di lunghezza (ma alcuni individui arrivano a 6 e a 900 kg di peso) e sono la sola specie dei mobulidae (Mobula Mobular). Meno grande e meno feroce della manta tropicale, la nostra, detta anche mobula mediterranea, ha la bocca posta più in basso e una coda molto più lunga. Poco si sa di questo lontano parente dello squalo: ha abitudini semi-pelagiche o pelagiche (vive in alto mare) ed è di solito gregaria (in gruppi di 3/5 individui)."
Mobula nel mar Ligure, fonte ©
istituto Thethys da http://
www.specieaspim.it/uploads
/specie /pesci/mobula-mobular
/scheda -mobula-mobular.pdf
Nel genere Mobula (Mobula mobular, Bonnaterre, 1788, sinonimo Raia mobular, Bonnaterre, 1788, fam. Myliobatidae) sono riunite poche specie di pesci cartilaginei della famiglia Myliobatidae, che diversamente da tutti gli altri raiformi (animali con forma simile alle razze) conducono vita pelagica, ossia in mare aperto, nutrendosi quasi esclusivamente di plancton. Anche in questo gruppo, come in altri, le specie che si nutrono di plancton sono anche quelle che raggiungono le dimensioni maggiori. Esistono almeno nove specie appartenenti al genere Mobula, divise in due gruppi: un gruppo con esemplari che possiedono l’aculeo sulla coda ed un gruppo che ne è sprovvisto. La specie in questione, quasi esclusivamente mediterranea, fa parte del primo gruppo. Per motivi estetici, probabilmente per la forma delle pinne cefaliche e delle enormi pinne pettorali, simili ad ali smisurate e falcate, nonché per il colore scuro, agli esemplari di questa specie è stato dato il nome di “diavolo di mare” gigante. Tuttavia, di solito, questi pesci vengono chiamati volgarmente anche mobula. Ovviamente la specie non è “diabolica” ma pacifica e non è per nulla offensiva nei confronti dell’uomo, anche se l’aculeo sulla coda può essere utilizzato in qualche modo dall’animale. L’appellativo “gigante” si riferisce al fatto che gli esemplari di questa specie sono i più grandi tra quelli delle specie del genere Mobula. Anche la mobula è di fatto un pesce piatto cartilagineo, perché il suo corpo appare appiattito in senso dorso ventrale. In questa specie, il “disco” appare da due a tre volte più largo che lungo, con i margini anteriori appena convessi e quelli posteriori fortemente concavi. Al centro del disco in posizione prominente sporge il capo che mostra occhi posizionati lateralmente e che appaiono subovali e sporgenti. In posizione posteriore agli occhi si trovano gli spiracoli, che sono piuttosto piccoli e più piccoli degli occhi. Davanti ad essi si trova una specie di solco, che è posizionato sul lato esterno del capo. La parte terminale del corpo è veramente a forma di coda, esile e appuntita, e porta un corto aculeo codale. Questa parte (“coda”) è corta negli esemplari adulti, mentre nei giovani può essere lunga sino a tre volte la lunghezza del disco. L’aculeo appare dentato e talvolta può essere doppio o triplo. La bocca è ventrale, ma prossima all’apice del muso. È piuttosto ampia, estesa poco meno delle larghezza del capo, e con rima diritta. Al suo interno si trovano i denti che sono distribuiti su ogni mascella. I denti sono distribuiti in 150-160 serie e sono molto piccoli e di forma ovale o a cuore. Le fessure branchiali sono ampie e molto più lunghe rispetto al diametro dell’occhio. Sono cinque, di lunghezza simile tra loro, e disposte in due serie parallele longitudinali che si trovano dietro e appena a lato della bocca. Le fessure branchiali nei Mobulidi sono più lunghe rispetto a quelle degli altri appartenenti alla famiglia Myliobatidae. Questi animali mostrano anche una struttura anatomica particolare della cavità branchiale e degli archi branchiali, correlata proprio alla particolare alimentazione a base di plancton, che prevede la filtrazione dell’acqua di mare. Questa specie si nutre infatti prevalentemente di plancton e in questa attività alimentare sembra siano le pinne cefaliche ad aiutare i singoli esemplari, ma a completare la sua dieta sono soprattutto piccoli crostacei, ma anche piccoli pesci pelagici che formano banchi e che la mobula cattura facendo passare l’acqua dalle branchie e filtrandola, attraverso particolari strutture branchiali modificate. Sembra che nel Mediterraneo la preda più importante per questo pesce sia il gamberetto eufausiaceo Meganyctiphanes norvegica. Questa specie di pesce ha un areale praticamente limitato al Mar Mediterraneo ed è stato segnalato in tutti i paesi del bacino, isole comprese. Non è però segnalato nel Mar Nero e nel Mar di Marmara. Anche in Italia la mobula appare segnalata lungo tutte le coste, ma sembra sia stata maggiormente osservata nel Mar Ligure e lungo le coste siciliane.

Torpedine occellata, da
https://www.ligurianautica
.com/rubriche/5-catture-ina
spettate-surfcasting-liguria/
Comunemente riconosciuta per la sua forma pressoché identica ai pesci dell’ordine dei raiformi, la torpedine (ordine torpediniformes) è una razza molto particolare su cui occorre essere ben informati. Infatti, oltre ad avere un aspetto molto affascinante, è molto pericolosa. A seconda della tipologia, la torpedine, se toccata, è in grado di emanare tramite i suoi organi un campo elettrico che produce scariche che vanno dagli 8 ai 220 volt, come la corrente di casa! In mare utilizzano questa loro peculiarità per stordire e catturare le prede. Le torpedini, dette anche razze elettriche per la loro somiglianza morfologica con l'ordine dei raiformi) sono pesci cartilaginei di forma appiattita caratterizzati dalla presenza, ai lati del corpo, di un particolare organo definito organo elettrogeno in grado di produrre un campo elettrico la cui scarica può variare, a seconda delle specie, dagli 8 ai 220 volt. È anche chiamata pinastrello. Sono diffuse in gran parte dell'Oceano atlantico (con alcune specie endemiche anche del Mediterraneo), Pacifico ed Indiano. Pur essendo eccellenti nuotatori (a differenza dei raiformi, nuotano con la pinna caudale), passano gran parte del loro tempo adagiate sui fondali sabbiosi e melmosi, dove la loro forma appiattita e la loro colorazione smorta consentono loro di mimetizzarsi alla perfezione e risultare perciò invisibili alle loro prede. Sono animali cacciatori, e la maggior parte delle specie utilizza la propria scarica elettrica per stordire o uccidere le prede. Sebbene la maggior parte di queste siano costituite da piccoli pesci, alcune specie di torpedini possono sviluppare una scarica sufficientemente potente da tramortire o, in casi estremamente rari, uccidere un essere umano adulto.

Pesci tipici del Mar Mediterraneo


Indice del blog "Sanremo Mediterranea":
Prodotti della Riviera dei Fiori
Per "L'oliva taggiasca, prodotto d'eccellenza" clicca QUI
Per "L'olio d'oliva taggiasca: parametri e unità di misura" clicca QUI
Per "Il Pesto alla ligure" clicca QUI
Turismo nella Riviera dei Fiori
Per "Pista ciclo-pedonale nella Riviera dei Fiori" clicca QUI
Per "Mare Ligure santuario dei Cetacei" clicca QUI
Per "Eccellenza floristica spontanea nella Riviera dei Fiori" clicca QUI
Per "Itinerari escursionistici nella Riviera dei Fiori: l'Alta Via della Liguria" clicca QUI
Per "Itinerari escursionistici nella Riviera dei Fiori: la Via del Sale" clicca QUI
Per "Heracle o Ercole nella Riviera dei Fiori" clicca QUI
Per "Itinerari archeologici nella Riviera dei Fiori: i Balzi Rossi" clicca QUI
Storia degli antichi Liguri
Per il post "Sanremo: favolose origini e tesori nascosti" clicca QUI
Per il post "Antichi Liguri: le datazioni e le fonti storiche" clicca QUI
Per il post "Dal Ligure al Celtico, dagli antichi alfabeti dell'Italia Settentrionale al Runico", clicca QUI
Per il post "Antichi Liguri: Alleanza e fusione con i Celti", clicca QUI
Per il post "Antichi Liguri: i Miti e le Fonti storiche" clicca QUI
Per il post "Tartesso: l'Economia", clicca QUI
Per il post "Ercole e altri miti a Tartesso", clicca QUI
Per il post "Antichi Liguri: a Tartesso prima di Fenici e Greci", clicca QUI
Per il post "Il Lago Ligure nella mitica Tartesso", clicca QUI
Per il post "Antichi Liguri: dai Primordi ai Megaliti", clicca QUI

Da altri 7 blog:
Per "Fabrizio De André: Storia, video, tracce, testi e traduzioni, discografia" clicca QUI
Per "Massoneria: storia, usi e costumi" clicca QUI
Per "Nell'ambito geopolitico, il processo italiano di svilimento della Costituzione e perdita della sovranità nazionale
        a favore dell'Ue a guida franco-tedesca" clicca QUI
Per i post "Il pensiero nell'Italia contemporanea" clicca QUI
Per i post "Il pensiero nel mondo contemporaneo" clicca QUI
Per i post "La politica nell'Italia contemporanea" clicca QUI
Per i post "La politica nell'Europa contemporanea" clicca QUI
Per i post "Musica interpreti video testi e storia" clicca QUI
Per "L'Unione Europea: le origini, i moventi, la storia, le politiche e le crisi" clicca QUI
Per i post "Grande Storia dell'Europa" clicca QUI
Per i post "Storia dell'Europa" clicca QUI
Per i post "Storia dell'Economia Politica" clicca QUI
Per "Scienze: Informatica" clicca QUI
Per "Stelle e Costellazioni visibili nel nostro Cielo" clicca QUI
Per "La Precessione degli Equinozi" clicca QUI
Per i post "Astrologia evolutiva, progressiva, oroscopo, numerologia" clicca QUI
Per i post "Satir-Oroscopo" clicca QUI
Per "Il Feg-Shui: Scuole della Bussola e del Ba Gua" clicca QUI
Per "I Chakra o Centri energetici fisici: dove sono e come si possono rilevare" clicca QUI
Per i post "Pietre e Cristalli" clicca QUI
Per "Il Cattura-sogni" clicca QUI
Per "Ruota di Medicina dei Nativi Americani" clicca QUI
Per i post "Aforismi, Foto e Frasi dei Nativi Nord Americani (gl'Indiani d'America)" clicca QUI
Per i post "Nativi Americani: Personaggi di spicco" clicca QUI
Per "Elenco tribù, personaggi, eventi e culture dei Nativi Nord-Americani, gl'Indiani d'America" clicca QUI
Per "Culture e aree culturali dei Nativi Nord-Americani, gl'Indiani d'America" clicca QUI
Per "Occitani: storia e cultura" clicca QUI
Per "Oroscopo degli Alberi celtico" clicca QUI
Per "Croce Celtica" clicca QUI
Per i post "Cultura degli antichi Celti" clicca QUI
Per "Celti: storia e cultura" clicca QUI
Per i post "Cultura degli antichi Ebraico-Cristiani" clicca QUI
Per "Breve storia del Cristianesimo, da setta giudaica minore al primato nella Roma imperiale:
        cattolica, universale e teocratica" clicca QUI
Per i post "Cultura degli antichi Romani" clicca QUI
Per i post "Politica nell'antica Roma" clicca QUI
Per "Evidenze storiche nel mito della fondazione di Roma" clicca QUI
Per i post "Cultura degli antichi Greci" clicca QUI
Per "Elenco degli storici antichi dell'Occidente" clicca QUI
Per i post "Cultura degli antichi Ebrei" clicca QUI
Per "Ebraismo: origini, storia e cultura" clicca QUI
Per "Liguri: storia e cultura" clicca QUI
Per "Sulle datazioni del manoscritto anonimo settecentesco e le fonti storiche sui Liguri" clicca QUI
Per "Il passaggio di Ercole (Heràcle) dal ponente ligure" clicca QUI

Nessun commento:

Posta un commento